Alitalia, la crisi raffredda gli entusiasmi di Cai

Le due settimane di slittamento dell'assemblea serviranno innanzitutto a fare maggiore chiarezza su quale sarà il partner estero della nuova compagnia. L'atteggiamento di Lufthansa, che secondo alcune indiscrezioni starebbe cercando di spuntare una co-gestione della compagnia, sembrerebbe avere rimesso in corsa Air France, anche se l'anima lombarda di Cai (e quindi anche dell'esecutivo) vuole a tutti i costi il partner tedesco in quanto è l'unico che consentirebbe a Malpensa non solo di ritornare velocemente ai livelli di traffico precedenti la crisi della compagnia di bandiera, ma anche di vederli crescere ulteriormente. British Airways continua a stare alla finestra e non si segnalano variazioni nella sua strategia, meno aggressiva di quella dei francesi e dei tedeschi. Certamente il rinvio dell'assemblea, e quindi anche del momento in cui i soci saranno chiamati a versare fisicamente i soldi necessari alla capitalizzazione di Cai, non è dispiaciuto a nessuno degli imprenditori riuniti attorno a Roberto Colaninno e Rocco Sabelli. Nell'attuale crisi dei mercati, che è sostanzialmente una crisi di liquidità, il timore è che ogni possibile uscita di liquidità possa essere salutata da un aumento delle salve di vendite sul mercato. Solo nell'ultima settimana le quotazioni di intesa Sanpaolo e di Fonsai sono diminuite del 25 per cento, leggermente meglio hanno fatto quelle di Immsi mentre Atlantia ha limitato le perdite a poco meno del 12%. Una simile falcidie non lascia indifferenti neanche finanzieri scafati come Salvatore Ligresti, Corrado Passera, Gilberto Benetton, e Roberto Colaninno. Comprensibile che, in ambienti finanziari, si sottolinei un certo sollievo nel vedere slittare il momento della capitalizzazione di Cai, nella speranza che il mood dei mercati migliori, o perlomeno che non peggiori. Qualche problema in più, spiega una fonte finanziaria, lo avrebbero alcuni soci non quotati di Cai. In particolare i problemi sarebbero legati alla contrazione del credito che molte aziende devono sopportare in conseguenza della crisi. Trattandosi comunque di grandi gruppi finanziari, non si pone il problema di una possibile negazione del credito da parte delle banche. Il problema, soprattutto per quelli che non hanno linee di credito già approvate, è la negoziazione del costo delle linee di credito, oggi non esattamente a buon mercato.