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Lo stop si Maroni: "Ora basta, processi a chi calunnia"

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Lei imbarazzata, ma solo un po', dalla presa di posizione del Papa che chiede accoglienza e spirito cristiano, è determinata ad affermare il principio che alla base del dibattito c'è la sicurezza. Lui, più sbrigativo, (mentre la sfiora per farla tacere al punto che lei strilla in diretta: lei mi conculca, non mi tocchi) arriva senza pudori alla sostanza della questione: frontiere aperte a tutti e voto agli immigrati. La prova di un dibattito politico debitore di verità alla realtà per episodi che lo scorrere delle ore ridimensiona puntualmente. Si grida all'emergenza razziale evocando la persecuzione sistematica. Il ministro dell'Interno mette un punto alle divagazioni transpartitiche degli ultimi giorni e precisa: in Italia non c'è un'emergenza razzismo bensì «episodi che vanno e saranno colpiti così come ci sono delle montature, ad esempio il caso della donna somala che vanno colpite allo stesso modo». Il caso è quello della donna che ha accusato la polizia di Ciampino di averla denudata e umiliata al suo arrivo in Italia. Il ministro, non senza ricordare che l'Italia è il Paese con i più alti livelli di integrazione, annuncia pure che il Viminale si è costituito parte civile nel processo (inevitabile) che ne seguirà. Analizzando gli ultimi otto "urli al razzismo", dal primo che nel maggio scorso a Roma, ha dato il via alla sommaria recente campagna antitaliana, scopriamo che la matrice razzista, data per certa all'inizio dai giornali di sinistra, è puntualmente smentita dai fatti che narrano altre storie. Di uguale disperazione, ma non connotabili con la xenofobia. Nella maggior parte dei casi perde consistenza per essere quello che è: un fatto che riguarda persone unite dall'imbecillità, ma non da un progetto destabilizzante. Bullismo, delinquenti comuni, assassini per difendere la proprietà, gente esasperata dai furti e dal commercio di droga. Le persone sono sempre sacre e nulla giustifica alcuna aggressione alla dignità e ai sogni di nessuno. Nulla autorizza l'ingiuria, nulla si può spiegare con il disagio di appartenere a una classe debole piuttosto che a una banda di ragazzini annoiati dalla loro stessa vita che disprezzano senza averla conosciuta. Ma perché non si trova il coraggio di guardare in faccia il paese? La sinistra coglie al balzo ogni occasione per monetizzare la cronaca e incassare in valuta il sostegno popolare. Facile, se riuscisse. Ma le manifestazioni di Roma e Caserta non hanno visto scendere in piazza quasi nessuno dei politici che hanno imparato a memoria lo slogan: cresce l'emergenza razzismo, la destra istiga al razzismo, c'è un pericoloso clima di intolleranza. Un refrain che a scorrere le agenzie e i giornali degli ultimi cinque mesi è veramente asfissiante. Salvo poi, soffermarsi sulle parole di Shukri Said, un'attrice somala da 16 anni in Italia: «A Roma eravamo in ventimila: una popolazione mista per il genere, per l'età e per il colore. Stupisce e amareggia che i manifestanti non abbiano avuto la solidarietà degli esponenti politici. Nessuno della "casta" ha partecipato alle manifestazioni. Viene il dubbio che l'assenza sia stata dettata dal fatto che gli immigrati non votano. Ed è inutile - conclude - che qualcuno dica: prossimamente si manifesterà per esprimere solidarietà alle vittime degli episodi razzisti in Italia, perché fare una manifestazione distinta rispetto a quella di sabato significa instaurare l'apartheid». Le parole da una parte, i fatti dall'altra. La casta di sinistra grida al razzismo. Poi pensa a godersi la sua fine settimana. Agli immigrati il dettaglio non sfugge. E nemmeno agli italiani.

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