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Ronchi: "Sul clima è allarme rosso per le nostre imprese"

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Si toglie la giacca, si valutano gli scenari. Poi l'ammissione: «La crisi mondiale rischia di avere effetti molto pesanti. E le prossime scelte che compierà l'Europa non saranno di poco conto. L'intero sistema industriale del Paese è a rischio. Siamo all'allarme rosso. Per auto, cemento e piastrelle, acciaio la situazione può anche essere più grave». Ma che cosa preoccupa così tanto Ronchi? Una sigla su tutto: 20+20+20. Non è una semplice addizione ma è il nuovo protocollo ambientale che Commissione e Parlamento europei stanno per varare. Sotto la spinta di Francia e Germania il testo rischia di penalizzare pesantemente l'Italia. Perché gli obiettivi fissati dal consiglio europeo nel marzo scorso dell'anno scorso, e che il governo Prodi ha supinasmente accettato (anzi, Pecoraro Scanio avrebbe voluto magari un 30+30+30), sono molto pesanti. Al punto da gettare nel panico Confindustria, ma anche le associazioni imprenditoriali di alcuni settori. Il piano prevede per l'anno 2020 una riduzione delle emissioni del gas serra del 20%, il raggiungimento di una quota di energie rinnovabili pari al 20% dei consumi totali, un incremento del 20% dell'efficienza energetica. Una formula immaginifica. Dietro la quale però si nascondono minacce devastanti. Ronchi lo sa, s'aggiusta i capelli, un gesto che gli capita di fare quando si affrontano temi delicati, e avverte: «"Per quanto riguarda il capitolo di Co2, per le emissioni delle auto, il testo avrà effetti diversi a seconda del tipo di auto. Il principio che si vorrebbe far passare è che paradossalmente non verrebbero colpite quelle che inquinano di più ma soprattutto le medie e piccole». Il ministro non lo dice, ma si capisce che si riferisce alla Fiat. Che rischia di ricevere una mazzata tremenda. A tutto vantaggio invece dei soliti Audi, Volkswagen, Mercedes. «È in gioco l'interesse nazionale», insiste il ministro delle Politiche Europee. Prende un attimo fiato e aggiunge: «È bene che tutti i nostri parlamentari europei lo sappiano». E infatti proprio agli eurodeputati, una volta giunto a Bruxelles, spiegherà qual è la situazione con parole chiare. Senza giri di parole. Il quadro è allarmante, l'Italia rischia grosso. «Non voglio far saltare tutto ma anche Parigi e Berlino devono capire che non possono chiederci di mettere la testa sotto la mannaia», insiste il titolare della delega sull'Europa. Gli eurodeputati provano a fare muro. Ma stavolta, ed è questa la novità, nessuno se la sente di andare contro l'interesse nazionale. Persino Rifondazione con Roberto Musacchio fa finta di fare la voce grossa. Persino la verde Monica Frassoni ammette: «Dobbiamo limitare i danni, anche se Fiat non ci ha aiutati». Persino Vittorio Prodi, fratello dell'ex premier, si fa avanti: «Pensiamo al sistema Paese, in effetti ci sono distorsioni della concorrenza che vanno corrette». Persino Giulietto Chiesa, il girotondino sosia di Breznev, tende la mano: «Fateci vedere le cifre e siamo pronti ad aprire una riflessioni». Persino il padano Mario Borghezio si ricorda dell'interese nazionale anche se fa sapere che «bisogna difendere soprattutto le imprese padane che pagheranno salato». E le cifre parlano chiaro. Il pacchetto, se passasse così come formulato, porterebbe a un costo annuale di 20 miliardi di euro, la bolletta sarebbe più salata in media del 15%. Vito Bonsignore (Pdl) fa la faccia feroce, guarda quelli dell'oposizione e li ammonisce: «Poi ci andate voi davanti ai cancelli della Fiat a spiegare agli operai perché vengono licenziati» Ronchi non sottovaluta. Si prepara al tuor de force. Prima Parigi, poi Berlino, quindi Varsavia, di nuovo Bruxelles: bisogna fare presto, il 15 ottobre si riunisce il consiglio europeo e si comincia a decidere. Che fare, allora. Tutto il Paese ha da muoversi. E il governo procede proprio in quella direzione. Sensibilizzare il livello politico, destra e sinistra non conta quando in gioco è l'interesse nazionale. Mobilitare le strutture tecniche. E fare squadra, visto che Ronchi la prossima volta tornerà a Bruxelles con il presidente degli industriali, Emma Marcecaglia, la quale, peraltro, avendo avuto proprio la delega all'ambiente questa materia la conosce eccome. Il Sistema Italia muove i primi passi.

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