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E il pessimismo piega gli irriducibili

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Poi, però, man mano che le voci da Palazzo Chigi giungono nella piazza della mensa dell'aeroporto Leonardo Da Vinci, la certezza si sgretola fino a quando si capisce che toccherà scendere a patti con il «diavolo». I piloti sono con le spalle al muro come spiega bene Paolo Maras della Sdl: «Se firmano tutti, l'accordo si fa e poi noi rimaniamo l'unico capro espiatorio». Insomma il bene supremo, ovvero salvare quanti più posti di lavoro anche se sottopagati e magari in cassa integrazione, sembra l'unica soluzione. Gli interventi dal palco animano la folla di lavoratori, circa 600, che ad ogni voce dell'accordo Cai urlano fortissimo il proprio dissenso. L'unico applauso è per la promessa degli ammortizzatori sociali per due anni per gli stagionali. «Qualunque decisione verrà presa solo dopo un referendum che coinvolgerà i lavoratori - annuncia Andrea Cavola, segretario nazionale Sdl -. Questa assemblea ha avuto lo scopo di informare i lavoratori. Vorrei sottolineare che questo non è il fronte del no, noi siamo solo lavoratori che vogliono salvare il posto e la propria compagnia». E lo scroscio di applausi si leva alto nel cielo di Fiumicino. Poi però, mano a mano che Fabrizio Tomaselli di Avia legge le «voci» dell'accordo firmato da Cgil con le restrizioni per malattia e riposi (quattro all'anno quelli non revocabili), prevale il pessimismo. «Ecco cosa ha firmato la Cgil - attacca - un contratto modificato grazie a voi e alla vostra protesta». Ad ogni passo della lettura le domande sul proprio futuro si moltiplicano. «Ma le anzianità vengono salvate?», «E i precari e gli stagionali», «Ma le retribuzioni?». Ad ogni risposta di Tomaselli le urla e gli insulti contro l'accordo si sprecano. «Noi veniamo a sapere di questi dettagli solo oggi e non è una cosa normale - fa notare Leonardo, assistente di volo -. Noi lavoratori non siamo stati mai interpellati, nessuno ci ha spiegato i termini dell'intesa». «È inutile parlare con chi dei nostri problemi non ci capisce un cazzo - grida quasi dal palco Antonio Divietri, presidente dell'Avia, esaltando la folla stremata ormai dopo tre ore di riunione -. Se riusciamo a non firmare, siamo noi gli eroi, saremo noi ad essere ricordati come chi non si è piegato alle logiche di sfruttatori senza scrupoli». Tra la folla non manca chi cede all'emozione e a farlo notare dal palco è ancora Cavola. «La vostra rabbia e le vostre lacrime fanno capire che qui non si sta giocando - aggiunge il segretario di Sdl -. Non è colpa nostra se siamo qui, siamo qui perché governi e amministratori in passato non sono stati capaci di aggiustare la macchina che si stava sfasciando». A parlare poi è la casta tanto contestata, che qui però non viene zittita. «Il nostro sì verrà solo se la Cai accetterà le integrazioni al documento che abbiamo consegnato - spiega Francesco Barbato dell'Anpac -. Nemmeno noi vogliamo svenderci». Intorno alle 17 l'annuncio: si va tutti a Montecitorio e l'assemblea si scioglie. Prima dello scadere dell'ultimatum delle ore 20 non si arriva a nessuna decisione e tutto viene rimandato a oggi quando i sindacati si riuniranno per l'ultima volta. Il fronte del no ormai sta cedendo e gli animi rimangono nerissimi dopo tante chiacchiere e ore di attesa. «Dopo nove anni di precariato mi ritrovo a ricominciare da capo - racconta Luisa, assistente di volo -. Questo contratto significa consegnare la nostra vita nelle loro mani. Niente famiglia, niente riposi, solo turni massacranti e stipendi da fame». «Io ora guadagno 700 euro nette al mese e lavoro sette giorni su sette - aggiunge Loredana - cosa altro possono togliermi dalla busta paga?»

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