Nuove misure per il rlancio del Paese
Dal 1995 al 2007 l'Italia è stata fanalino di coda in Europa per crescita dell'economia e della produttività. In area OCSE, il tasso di occupazione italiano, pari al 58,3 per cento, precede solo quelli di Turchia, Polonia e Ungheria. Ancora più gravi, per le conseguenze negative sul capitale umano, sono l'alto tasso di disoccupazione tra i giovani e quello di disoccupazione di lunga durata. Le donne rimangono ai margini del mercato del lavoro, se è vero che il tasso di occupazione femminile non arriva al 47 per cento. Se dal quadro nazionale si passa allo spaccato territoriale, si scopre che le statistiche aggregate nascondono un Paese diviso e che decenni di sussidi e di politiche straordinarie per il Mezzogiorno ci consegnano un divario Nord Sud che è rimasto pressoché immutato. La trasformazione federalista potrà aiutare il Mezzogiorno a crescere, ma solo se sarà sostenuta da misure di respiro nazionale, capaci di far esprimere al Paese le proprie potenzialità. La ricetta per liberare la crescita è complessa e semplice al tempo stesso. In primo luogo, l'Italia potrà valorizzare le capacità distintive della propria piattaforma produttiva e della propria vocazione manifatturiera se i nostri imprenditori coglieranno nella crisi dell'economia internazionale non una minaccia ma, al contrario, un'opportunità per rafforzare la propria presenza sui mercati, per innovare, per investire. In primo luogo, l'Italia potrà valorizzare le capacità distintive della propria piattaforma produttiva e della propria vocazione manifatturiera se i nostri imprenditori coglieranno nella crisi dell'economia internazionale non una minaccia ma, al contrario, un'opportunità per rafforzare la propria presenza sui mercati, per innovare, per investire. In secondo luogo, si deve procedere con decisione lungo il cammino, aspro ma irrinunciabile, del risanamento dei conti pubblici sul lato della spesa: una via obbligata per alleggerire il pesante fardello del debito pubblico e porre le premesse per future riduzioni della pressione fiscale. In terzo luogo, se è vero che la crescita è bassa mentre forti sono le pressioni inflattive, è anche sugli schemi di regolazione dei mercati e di disciplina della concorrenza che si dovrà far leva per stimolare la domanda aggregata e abbassare i costi di produzione: nell'energia e nelle grandi utilities, nei servizi pubblici locali, nei servizi professionali, nella distribuzione. Gli operatori economici chiedono di poter fare affidamento sull'ambizione, sulla coerenza e sulla persistenza di un insieme diversificato di misure concrete: dalla riqualificazione della spesa pubblica; all'ammodernamento del mercato del lavoro verso regole più flessibili e capaci di premiare il merito; alla riforma di un welfare ancora troppo polarizzato sulle pensioni e chiamato oggi a dare servizi a tutte le età e a promuovere la vita attiva; al risanamento della Pubblica Amministrazione. Sono questi gli snodi di un programma di legislatura; sono queste le carte da giocare per tornare a crescere.