Un nuovo passo avanti nell'energia è stato fatto, anzi due: ...
I due eventi rappresentano il segno chiaro della scelta di avviarsi verso una politica energetica nazionale più razionale: una vittoria netta verso la filosofia del no ad oltranza su tutto che ha caratterizzato gli ultimi due anni del passato Governo e che ha rappresentato l'epilogo dissennato di una politica ecologista irrazionale, priva di qualunque giustificazione tecnica, e che ha avuto l'unico effetto di rischiare di mettere in ginocchio il paese e la sua struttura industriale. Dipendiamo per circa lo 85% dall'estero per i nostri approvvigionamenti energetici e, soprattutto, siamo fortemente condizionati nelle scelte dalle condizioni di oligopolio degli idrocarburi e di duopolio per il gas, visto che dipendiamo per quest'ultimo essenzialmente da Russia e Algeria. Le realizzazione dei rigassificatori, situati offshore lungo le nostre coste, ha tra l'altro il vantaggio di permetterci un approvvigionamento non più condizionato dai soli paesi che alimentano i gasdotti che arrivano in Italia, ma anche da altri produttori determinando regole di mercato più trasparenti e maggiore competitività: fatti questi che favoriscono il consumatore finale e, quindi, il cittadino. Ebbene, nonostante queste evidenze lapalissiane, abbiamo assistito ad un attacco continuo contro ogni programma per la realizzazione di queste strutture: un esempio illuminante è stato il funzionamento della Commissione per la Valutazione dell'Impatto Ambientale del Ministero dell'Ambiente. Prima che il Ministro Prestigiacomo la azzerasse nella versione ereditata dal Governo precedente, questo organismo si era distinto per il rallentamento, e in molti casi per il blocco, di tutta una serie di programmi che potevano aiutare il paese ad uscire dalla crisi energetica nella quale sopravvive da quando, con il referendum antinucleare, è stata spenta la luce di una filiera che ci aveva visto leader per decenni a livello mondiale. Non solo le pratiche sono state rallentate con le giustificazioni più speciose, ma su 60 membri di questo consesso si è scoperto che ben 17, pur avendo percepito una regolare indennità di carica, non erano stati i referenti nemmeno di una singola pratica: l'importante era che corresse lo stipendio, ottenere dei risultati era marginale. Ci chiediamo: ma la Procura della Corte dei Conti è informata? Oggi la situazione è cambiata: il Ministro ha assunto l'impegno politico di azzerare il pregresso ereditato (quasi 150 pratiche) entro la fine dell'anno ed i nuovi membri, ridotti di 10 unità, si sono assunti la responsabilità di rispondere positivamente a questa richiesta che è, prima di tutto, un impegno verso il paese data la gravità della situazione. Il compito non è facile perché, purtroppo, la possibilità di interdizione e la libertà di bloccare qualunque attività è praticamente senza limiti: ogni cittadino, ogni associazione ha il diritto di intervenire nelle istanze giurisdizionali sollevando dubbi in nome della salvaguardia ambientale: è la democrazia e questa libertà va rispettata. Quello che non si comprende, però, è che il tutto avviene senza assunzione di responsabilità. Tutti possono bloccare tutto ma nessuno paga se le sue ragioni non vengono ritenute valide e, quindi, se si producono blocchi e rallentamenti nell'esecuzione delle opere determinando un aggravio di costi. Non è sicuro se anche questo stato di cose sia effettivamente un'espressione di democrazia perché a pagare in questi casi è la collettività: come al solito.