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«Con il Ponte si apre l'era del federalismo»

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Un silenzio che, però, non ha preoccupato il governatore siciliano Raffaele Lombardo. Così come non lo stupiscono, oggi, le frasi pronunciate dal premier a Rovigo. «Non ho mai avuto dubbi sulla realizzazione - spiega - faceva parte degli impegni assunti davanti agli italiani». Non tutte le promesse, però, vengono mantenute. «Qui è diverso. Siamo davanti all'incipit dell'era del federalismo. Il Ponte è la prima grande infrastruttura che consentirà al Sud di colmare il divario che lo separa dal resto dell'Italia. Purtroppo, negli anni del centralismo e dell'assistenzialismo, di grandi opere ne abbiamo viste poche». Per voi è una grande vittoria. «È noto a tutti quanto noi teniamo al Ponte e quindi le parole di Berlusconi ci riempiono di gioia. Il fatto di sapere, poi, che l'opera verrà realizzata da sole ditte italiane mi fa doppiamente piacere. Mi verrebbe da dire: dovrebbero realizzarla solo imprese meridionali. Ma non ho dubbi che ci sarà posto anche per quelle imprese del Sud che si dimostreranno all'altezza della situazione». Scusi, ma del Ponte si sente parlare ininterrottamente da anni e, ogni volta, l'opera è rimasta su carta. Perchè stavolta dovrebbe essere diverso? «Il Ponte stava per essere realizzato nella parte finale dell'ultimo governo Berlusconi. C'era un contratto firmato. Si riparte da lì anche se è ovvio che andranno integrate le risorse». In che modo? «In gran parte si tratta di investimenti privati. Come quelli di Fs che oggi, con il servizio traghetti, perde circa 100 milioni l'anno. Adesso potrà trasformare una perdita in guadagno». Non teme «l'Italia del no»? «Se necessario le "forze del sì" dovranno scendere in campo per fermare questa minoranza sparuta che vuole condannare la Sicilia ad un sottosviluppo eterno». Quando si cominciò a parlare di federalismo lei espresse qualche riserva oggi, invece, lo sostiene. Cosa la rende così tranquillo? «Un presidente di Regione del Mezzogiorno, ma anche del Nord, non è mai tranquillo. Il federalismo è una sfida e, come tale contiene rischi e opportunità. Io credo che le regioni del Sud non siano prive di risorse e quindi non abbiano un destino segnato. L'era del centralismo, che mi auguro ci lasceremo alle spalle, era segnata da una politica miope che puntava a consolidare dei primati. Con la svolta federalista possiamo solo guadagnare». Quindi, con il federalismo, il Sud si candida a diventare la locomotiva dell'Italia? «È l'occasione per far esplodere le potenzialità represse. Come si fa ad investire oggi sull'area industriale di Milano o nell'incremento del turismo a Venezia? Si può invece puntare su zone come Pompei, Agrigento, le coste calabresi, la Puglia. Questo favorirà un'espansione del Pil. Se poi diminuirà il tasso di disoccupazione nelle nostre regioni la cosa non può che farci piacere». L'avrebbe mai detto che un giorno sarebbe stato felice di una riforma proposta da quelli che urlavano «Roma ladrona» e chiedevano la secessione? «La Lega può, se vuole, continuare a gridare "Roma padrona o ladrona" perché non offende i cittadini romani, ma punta il dito contro il centralismo parassitario che alimenta caste e privilegi. Anche se poi non dobbiamo dimenticarci dei vizi di casa nostra». Ma il Carroccio è cambiato o no? «Non vorrei sembrare presuntuoso ma se la Lega ha cambiato certi atteggiamenti è merito del dialogo tra di noi e della collaborazione iniziata nel 2006».

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