Fabrizio dell'Orefice f.dellorefice@iltempo.it ...
Lui, professore di politica ed economia internazionale all'University of Georgia, non usa mezzi termini quando racconta del caso della nostrra compagnia aerea. Professore, ma perché solo in Italia esiste un sindacato così? «Così come?». Il sindacato del veto. Sconfitto in Inghilterra e negli Usa ormai da venti anni, e in Germania da almeno quindici. «In Italia abbiamo due tipi di sindacato. Un sindacato di tipo politico e uno di tipo corporativo». Cominciamo dal primo. «Il sincacalismo politico, tipo Cgil, si muove in una logica politica, è sostenuto da una parte politica e dunque anche se può sembrare del tutto irrazionale in realtà ha un suo obiettivo che è da ricercare fuori dalla rappresentanza dei lavoratori». E quello corporativo? «Quello corporativo invece si muove in una logica di esclusiva difesa dei propri interessi e se ne frega del resto. Le ripeto: quando lo raccotno ai ragazzi qui negli Usa si sbellicano dalle risate». Come è possibile che soltanto in Italia? «Il mondo occidentale ha superato questi due tipi di sindacato orami da molti anni. La Germania ha affrontato questo tema e lo ha risolto con un modello di tipo consociativo». E cioè? «Ha responsabilizzato i sindacati che di fatto sono entrati nella gestione delle stesse aziende. tutto ciò evidentemente è andato contro una logica tipicamente capitalistica ma ha portato a maggiore stabilità». E sarebbe riproponibile in Italia? «In Germania è stato possibile perché le Regioni funzionano». Nel mondo anglosassone i sindacati invece sono stati ridimensionati. «Non esistono più. Resiste quello giallo, quello corporativo per intendeerci. Ma davvero in maniera davvero ridotta. Perché ormai scavalcato: si è passati dalla contrattazione nazionale a quella aziendale». Aziendale? «Le faccio l'esempio di un caso che ho seguito da vicino, quella di Boing. L'azienda, davanti all'ennesima richiesta del sindacato, ha detto: "Non possiamo accettare, altrimenti decidiamo ventimila licenziamenti. Scioperate? E allora ne licenziamo altri ventimila". Siccome negli Stati uniti davvero lo fanno, ci sono molte meno chiacchiere e molti più casi concreti, il sindacato ha firmato subito». Il sindacato che dice solo no, tuttavia, è una caratteristica solo italiana. Neanche in Spagna e Francia resistono ipotesi del genere. «Attenzione, in Francia esiste ancora uan presenza molto forte dello Stato nelle grandi aziende. Ma è anche vero che lo Stato funziona, basta pensare che è Air France che vuole comprare Alitalia e non il contrario. In Spagna il discorso è molto diverso. Diciamo che ancora non si è trovato un modello e ancheloro tendono a fare dei pasticci». Pasticci? «In parte seguono il modello anglosassone, e sto pensando ad Iberia-British Airways. Ma in parte non sono molto diversi da noi». A questo punto come possiamo uscire da questa situazione? «La politca si assuma le responsabilità. È finita l'era delle parole. Berlusconi abbia le palle di mettere all'asta Alitalia o quel che ne resta. La venda al miglior offerente e buona notte a tutti. Arriverderci a grazie. Un compratire si trova, Air France deve farsi avanti e Lufhtansa pure perché corrono per essere il numero uno in Europa». Accadrà? «Ne dubito. Vede, il punto è la velocità con cui si prendono le decisioni. Negli Stati Uniti è ammesso sbagliare, commettere un errore: la politica è comuque fatta da uomini. Guardi che cosa è successo con Lehman Brothers. La Fed l'ha fatta fallire. È stato un errore, il Tesoro se ne è reso conto ed è immediatamente intervenuto il giorno dopo per evitare altri crolli. Il segretario del Tesoro Paulson è intervenuto in dieci ore. Ecco, questo significa decidere. Il mio amico Berlusocni che fa? Che cosa aspetta?»