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A dispetto della realtà presente, quella del sindacalismo è ...

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Perché non bisogna dimenticare che il sindacalismo del diciannovesimo secolo rappresentò una forma cooperativa e volontaria di sostegno tra lavoratori, i quali si impegnavano ad aiutarsi di fronte alle difficoltà: dalla disoccupazione alla malattia. È questa la storia delle società di mutuo soccorso italiane e delle «fraternità» anglosassoni (le friendly societies). Se oggi, però, l'opinione pubblica ha non di rado una pessima opinione dei sindacati questo si deve non soltanto alla crescente politicizzazione di tali organizzazioni, ora usate essenzialmente per costruirsi una carriera da ministro, presidente del Senato o governatore di una regione. Oltre a ciò, appare evidente come il sindacato abbia perso credibilità in quanto costantemente impegnato a difendere i privilegi irragionevoli di quei piloti che avevano 45 giorni di ferie all'anno e che quando restavano a Venezia venivano alloggiati nel lussuoso Hotel des Bains. Il comportamento tenuto nella vicenda Alitalia la dice lunga sulla preferenza costantemente accordata agli interessi concentrati, e sull'indifferenza per il bene comune e quindi per quanti (come disse mirabilmente un economista americano, Mancur Olson) «piangono in silenzio»: i lavoratori disoccupati, gli artigiani ed i commercianti carichi di debiti, i giovani del Sud costretti a emigrare. Scegliere la strada dello sfascio costi quel che costi è, in troppe occasioni, la politica privilegiata da un mondo sindacale troppo cinico e corporativo, incapace di guardare la realtà per quello che è. Il rifiuto di un piano di salvataggio che includeva perfino 7 anni di ammortizzatori sociali, tali da assicurare l'80% dello stipendio, la dice lunga sull'irresponsabilità della dirigenza sindacale. Per tale motivo, la crisi di Alitalia può rappresentare un punto di non ritorno, come già è successo altrove: e in questo senso può essere molto positiva per l'Italia nel suo insieme. Nel Regno Unito la svolta si ebbe negli anni Ottanta, quando non solo Margaret Thatcher accettò il braccio di ferro con i sindacati dei minatori (e lo vinse), ma modificò pure le norme in materia di sciopero e introdusse regole più rigide, a tutela del largo pubblico, che neppure Tony Blair ebbe il coraggio di modificare. A dispetto della retorica di molti film celebrati, la scelta della Thatcher di chiudere le miniere fu sacrosanta, dato che si trattava di attività che distruggevano ricchezza e quindi orientavano le risorse dove essere erano improduttive. Quasi in contemporanea, nell'agosto 1981 Ronald Reagan decise di usare tutta la propria energia contro le pretese del sindacato dei controllori di volo (PATCO), che pure qualche mese prima aveva abbandonato i suoi tradizionali orientamenti democratici e aveva sostenuto la candidatura del candidato repubblicano. A dispetto di ciò, Reagan reagì di fronte alla volontà del sindacato di ricattare l'America intera bloccando la circolazione aerea. Disponendo di personale pronto a sostituirli, egli impose ai controllori di volo di tornare entro 48 ore al proprio posto, minacciando di licenziarli e di negare loro un qualunque accesso alla funzione pubblica in caso contrario. Pochi di loro accolsero l'invito del presidente, che quindi lasciò a casa molte migliaia di persone. Difendendo gli interessi generali dei contribuenti (Inghilterra) e dei consumatori (America), Reagan e Thatcher mostrarono al mondo l'irrazionalità delle logiche sindacali. Ma perfino nella Germania dei nostri anni, dove lo statalismo del modello «renano» garantisce alle corporazioni un forte ruolo pubblico, nel 2003 un massiccio sciopero in tema di orario di lavoro nei Laender orientali si è risolto in un netto fallimento. La conseguenza è che le nuove regole sono state progressivamente introdotte in vari settori (a partire dalla siderurgia) senza che il governo rosso-verde abbia interferito in alcun modo. Sono vicende diverse, ma con un insegnamento comune: e cioè che un sindacato dominato dall'irrazionalità e dalla difesa dell'esistente è destinato ad essere ovunque fortemente ridimensionato. Probabilmente ora tocca all'Italia.

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