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Marino Collaciani [email protected] Da «idrovore» a ...

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Come spesso accade in situazioni dle genere, inizialmente la reazione è stata positiva per scemare, poi, nel corso della seduta di borsa, con gli indici europei che hanno chiuso in calo. Diverso il discorso per la Borsa americana: dopo un avvio spumeggiante, gli indici hanno girato in territorio negativo per dar vita, poi, a un rally con progressi intorno al 4 per cento. Comunque, in generale la tensione resta elevatissima: al momento, l'attenzione è tutta puntata sul settore finanziario, e soprattutto su Morgan Stanley, superstite con Goldman Sachs del ciclone subprime, e - secondo alcune indiscrezioni - in trattative avanzate per una fusione con Wachovia. Anche Washington Mutual è sotto la lente, alla ricerca di un acquirente: nessuna offerta per ora, ma la banca avrebbe incassato alcune manifestazioni preliminari di interesse. Le banche centrali (Fed, Bce e Banca d'Inghilterra, del Canada, del Giappone e Svizzera) al fine di ridurre le pressioni a breve termine che restano elevate sul mercato, le banche centrali, hanno lanciato nuove operazioni di swap, che consentono alle banche centrali di prestarsi reciprocamente liquidità a breve termine quando ne hanno bisogno per stabilizzare il sistema finanziario del proprio Paese. Non è la prima volta che si assiste a un intervento coordinato. La portata dell'azione di ieri è, però, più ampia rispetto ai precedenti episodi, visto che la Fed «ha autorizzato un ampliamento per 180 miliardi di dollari delle linee di swap». L'accordo con la Bce prevede, nel dettaglio, un aumento della linea di swap di 55 miliardi di dollari, a 110 miliardi di dollari. Quello con la Banca centrale Svizzera un incremento di 15 miliardi (a 27 miliardi). Con la Banca d'Inghilterra il valore dell'accordo è di 40 miliardi, mentre con quella del Canada di 10 miliardi. Viene coinvolta anche la Banca del Giappone (è un «battesimo»), con un accordo da 60 miliardi. Intanto, per la prima volta da quando l'economia ha cominciato ad andare a rotoli il presidente George W. Bush ha ammesso che la crisi è grave. Cancellato un viaggio di fund-raising in programma ieri in Alabama e Florida, il presidente è uscito dallo Studio Ovale per leggere una dichiarazione in cui ha riconosciuto che le sfide davanti «sono ancora serie».

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