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Le banche affondano e si aggrappano alla Casa Bianca

Impiegati della Lehman Brothers

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Paulson cominciò ad operare nella stessa maniera, manifestando la sua fiducia nei mercati ma allo stesso tempo gestendo il fallimento di Bear Stearns nel marzo scorso estendendo il credito permesso dalla Federal Reserve a tutte le banche di investimento e nazionalizzando Fannie Mae e Freddie Mac, i due colossi dei prestiti ipotecari. Durante lo scorso week-end in molti davano per scontato che per Lehman Brothers Paulson avrebbe fatto la stessa cosa, invece l'ha costretta a dichiarare bancarotta. Dopo il salvataggio di Bear Stearns è parso chiaro che era nata una nuova dottrina finanziaria. Si è affermato il principio che la banca era "troppo grande per fallire" facendo intendere che il suo collasso avrebbe causato pesanti perdite alle altre banche coinvolte, infliggendo un danno inaccettabile all'economia. Le argomentazioni furono che il crollo di uno dei maggiori protagonisti degli swap avrebbe gravato sulle banche che avevano acceso quei contratti derivati. Se Morgan Stanley avesse controllato la sua esposizione sull'indebolimento del dollaro vendendo quel rischio a Bear, dire addio a Bear avrebbe significato dire addio a Morgan. Rifiutando il salvataggio di Lehman, Paulson ha posto fine alla dottrina del "troppo compromesso nel sistema". Ha scommesso sul fatto che avrebbe potuto far fallire Lehman senza scatenare un pandemonio sul mercato se non altro perché la fine di Lehman era stata prevista da settimane, permettendo agli operatori nel mercato degli swap di procedere alle loro contromosse per proteggersi. A partire da lunedì scorso la scommessa di Paulson ha generato momenti di panico. Le azioni sono crollate, e il mercato del credito, naturalmente, ha scaricato il prezzo del rischio sulle banche. Ma non c'era nessuna catastrofe imminente. La Federal Reserve si è trincerata dietro al dollaro, che è la riserva corrente dominante nel mondo e la fiducia globale sulla moneta statunitense ha consentito alla Fed di tagliare i tassi di interesse in risposta agli shock globali come avvenuto per il default in Russia nel 1998. Nel frattempo le banche americane hanno beneficiato di nuovi strumenti finanziari che erano stati collocati in tutto il mondo. Per estensione la globalizzazione della finanza ha significato la sua Americanizzazione. I primi dodici mesi di questa crisi hanno scosso questa equazione. La Fed ha tagliato i tassi d'interesse come spesso fa per rispondere ai problemi. Ma questa volta il mondo ha perso fiducia sul dollaro che ha abbandonato il suo ruolo tradizionale di cassaforte sicura. Le banche americane hanno bruciato miliardi di dollari e sono state costrette a ricorrere all'aiuto ai nuovi comandanti della finanza - i sani fondi sovrani stranieri - e lo stile finanziario innovativo americano ha subito un duro colpo alla sua reputazione. Rifiutando di usare il bilancio della Fed per il salvataggio di Lehman può aver evitato alla Banca centrale americana di impantanarsi ulteriormente nel suo ruolo di gestore della crisi. Spingendola a concentrarsi maggiormente nella difesa del valore del dollaro, Paulson può aver rafforzato le sanzioni del mercato per le banche che hanno manomesso i moderni strumenti finanziari. I critici possono affermare che l'ondata di strumenti finanziari è pericolosa ma questo è vero solo quando si accompagnano a eccessive esposizioni. La sfida per i prossimi anni è quella di preservare la parte buona del sistema avviando però i necessari cambiamenti. La missione di Paulson restituisce alle azioni di Borsa il loro vero ruolo.  

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