La destra ha bisogno dell'antitotalitarismo
Siamo uno dei rari paesi europei in cui il discorso pubblico sulla propria storia non riesce a uscir fuori dagli stereotipi del dopoguerra e della Guerra fredda. Occorre dare atto al leader di Alleanza nazionale di avere pronunciato parole chiare sulla Resistenza e la Costituzione, relegando i contorsionismi dei suoi colleghi alla paccottiglia di chi vorrebbe mascherare con le parole l'ambiguità del pensiero. Ma anche Fini, da par suo, resta in qualche modo prigioniero della vulgata nazionale che ha visto contrapposti per tanto tempo fascisti e antifascisti, comunisti e anticomunisti. Le sue parole sono significative del modo in cui la strettoia fascismo-antifascismo, significativa negli anni trenta-quaranta, continua dopo mezzo secolo a dominare: "La destra deve riconoscersi nei valori… che a pieno titolo possono essere definiti antifascisti…Chi è democratico è antifascista…Non tutti gli antifascisti sono democratici". Fini, però, non ha trovato le parole giuste restando in qualche modo prigioniero del lessico dei suoi antichi avversari. Non conosce il concetto "antitotalitario" che in Europa ha espresso l'idea che egli vorrebbe esprimere: "non tutti gli antifascisti sono democratici". Il fatto è che fascisti e antifascisti, così come comunisti e anticomunisti, hanno messo al bando l'antitotalitarismo che ha connotato quegli antifascisti che non si piegarono ad essere compagni di strada dei comunisti, e quegli anticomunisti che non accettarono di fare causa comune con i reazionari e i clericali che pure si opposero al comunismo. Fini ha il grande merito di rafforzare le fondamenta di una destra che taglia i ponti con il passato autoritario e totalitario, ma non ha cognizione che da tre quarti di secolo hanno operato correnti di pensiero e azione che hanno combattuto con lo stesso rigore il fascismo, il comunismo e tutti gli altri integralismi da quelle posizioni democratiche a cui il leader della destra ora approda. Finisce per prendere in prestito una cultura politica stereotipata che da cinquant'anni ripete una verità - "la Repubblica è fondata sull'antifascismo" - che per essere troppo ovvia, rischia di divenire solo parola logora. Sarebbe ora che non si usassero più concetti generici - "Il male assoluto", "Anche l'anticomunismo nella Costituzione"… - che sono solo alibi per una lotta politica che sa di vecchio. Sarebbe invece necessario meditare le parole di François Furet: "In Europa prevalse l'effetto di intimidazione contenuto nell'alternativa fascismo/antifascismo: in un paese come l'Italia , dove l'ideologia dell'antifascismo ebbe la massima diffusione, il concetto di antitotalitarismo non ha mai avuto diritto di cittadinanza. L'idea è stata ignorata, quasi vietata, nel paese dal quale era venuta la parola".