I ragazzi di An sfidano Fini «Impossibile dirsi antifascisti»
I ragazzi riuniti ad ascoltare l'ex «capo» diventato terza carica dello Stato, arbitro eminentemente super partes di Montecitorio, ma anche tenace persecutore del disegno di sdoganamento del partito cominciato a Fiuggi nel '92, avevano manifestato così il loro disagio. Per loro l'antifascismo non è un valore. Però durante la festa all'ombra del Colosseo erano rimasti muti. Forse per la sorpresa provocata dall'ennesima esternazione finiana, che confermava una politica considerata «trasformista» dai detrattori dal fondatore di Alleanza Nazionale. Forse per una forma di rispetto. O forse, ancora, perché avevano bisogno di riflettere. Qualcuno l'ha fatto. Il risultato è stata una sofferta conferma del loro dissenso. «Ce l'ho messa tutta per trovare un motivo valido per essere antifascista - scrive il presidente di Azione giovani Roma e consigliere provinciale del Pdl, Federico Iadicicco, nella «lettera aperta ad ogni Italiano» pubblicata sul sito www.azionegiovaniroma.org. - ma non l'ho proprio trovato anzi ne ho trovati molti per non esserlo. A questo punto ti prego di capirmi e con me tutti i ragazzi di Azione Giovani. Prego Dio affinchè ci dia la forza di perdonare chi in nome dell'antifascismo ha ucciso giovani vite innocenti; ma cerca di comprenderci noi non possiamo essere, non vogliamo essere e non saremo mai antifascisti». Dopo questo non possumus, Iadicicco ricorda anche un episodio che lo riguarda personalmente. «Circa due anni fa, non nel 1943, il più importante sito della rete antifascista italiana, Indymedia, pubblicò un articolo di commento - scrive - a una iniziativa di Azione giovani di Roma e ritenne utile mettere vicino al mio nome anche il mio indirizzo di casa, con l'evidente intento di puntare l'indice contro di me e di indicarmi come bersaglio da colpire. E ho pensato: Come potrei aderire alla cerchia dei miei aguzzini? Come potrei dichiararmi antifascista?». Dimenticando, poi, che negli «anni di piombo» i morti furono sia «rossi» sia «neri», sottolinea: «Sono andato un po' indietro nel tempo, fra gli anni Settanta e Ottanta, comunque non nel 1943, e mi è venuto alla mente che alcune decine di ragazzi come me, che facevano quello che faccio io oggi, sono stati uccisi dall'odio degli antifascisti e francamente a quel punto sono crollato». L'imbarazzo di Iadicicco, probabilmente causato dal fatto che il suo sfogo contrasta con la linea adottata dal partito negli ultimi diciassette anni, non spiega come mai un uomo di 33 anni entri in crisi su temi che potrebbero, e dovrebbero, coinvolgere emotivamente e storicamente una categoria anagrafica che va dagli 80 anni in su. Di fronte al richiamo del senatore pidiellino Andrea Augello, che lo invitava al rispetto della Carta Costituzionale, poi, Iadicicco ha precisato che lui e gli altri si riconoscono «nei valori della Costituzione» e si è detto «consapevole che in essa sono rappresentati alcuni valori fondamentali dell'antifascismo». Distinguendo, insomma, tra un antifascismo «buono» e uno «cattivo». Ma le sue parole non hanno mancato di scatenare le polemiche. Che in Italia sono il sale della politica. «Un documento preoccupante, ma che fa finalmente chiarezza», ha definito la lettera Pina Picierno, ministro ombra delle politiche giovanili del Pd, giudicando la «confessione» online «l'ennesima testimonianza del fatto che, purtroppo, le coraggiose affermazioni di Fini alla festa dei giovani di An non sono condivise dalla stragrande maggioranza del partito». Riferendosi, invece, all'incontro tra i molesti «inviati» delle Iene e il sindaco di Roma, il deputato del Pdl-An Marco Marsilio è riuscito a inserire una nota di saggezza nella pluri-sessantennale questione: «Ha fatto bene Alemanno a reagire con una provocazione ad una provocazione. La verità è che questa stucchevole polemica sull'antifascismo e l'anticomunismo deve essere superata, perché ad essere sbagliata è la logica stessa delle definizioni in "antitesi". «Nessuna identità costruttiva si è mai edificata "contro"». Ecco. Sarebbe ora, a otto anni dall'inizio del terzo millennio, che la sinistra e la destra (e soprattutto i loro esponenti più giovani, i dirigenti politici del domani) non litighino sul passato. Ma si confrontino sui progetti per il futuro.