Veltroni sfida Di Pietro «Vince» chi urla di più

«Ma supponi che ci siano due folle», suggerisce Snodgrass. «Urla quello che sta urlando la folla più grossa» replica Pickwick. Ebbene, dopo mesi di tentennamenti, Veltroni ha deciso di urlare quello che stava urlando la folla più grossa. Nel caso del segretario, però, paradosso vuole che la «folla più grossa» sia quella radunata attorno ad Antonio Di Pietro. Non certo un'adunata oceanica. In ogni caso, in vista dell'autunno, il segretario del Pd ha deciso di seguire l'ex pm lungo la strada dell'antiberlusconismo. O, meglio, braccarlo per evitare sorprese. Così, concludendo la scuola di formazione dei Democratici a Sinalunga, ha lanciato il suo anatema contro la destra che «sta rovinando l'Italia economicamente, politicamente e moralmente». Parole che, dalle parti di via del Nazareno, non si sentivano da tempo. E non è un caso che proprio mentre Veltroni parlava così, a Vasto Antonio Di Pietro puntava il dito contro i dirigenti democratici che non fanno opposizione. Ormai la competition tra i due ha raggiunto livelli altissimi e il segretario del Pd non ha altre possibilità: o urla o muore. Tra l'altro il leader dell'Idv ce la mette tutta per infilargli i bastoni tra le ruote e ha già annunciato che il 25 sarà in piazza con il Pd contro Berlusconi. Certo, non sarà piazza Navona, ma la presenza di Di Pietro è comunque una bomba ad orologeria. Tanto che il capogruppo dell'Italia dei Valori alla Camera Massimo Donadi sta già cercando di reclutare Walter. «Il dialogo senza valori condivisi - avverte - è soltanto un compromesso su interessi particolari. Ci fa piacere che anche il Pd, un po' in ritardo, se ne renda conto e faccia marcia indietro». Dal canto suo, dopo aver incassato le illustri defezioni alla petizione Salva l'Italia, Veltroni sembra aver deciso di non seguire la parte del partito che, nonostante tutto, ritiene indispensabile il dialogo con la maggioranza. Maggioranza che, dopo le frasi di domenica, è tornata ad attaccare il leader del Pd. «Alla disperata ricerca del carisma perduto e addirittura all'inseguimento di Di Pietro - incalza il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto -, Veltroni ha mutato un'altra volta strategia, ha cambiato spalla al suo fucile e ha scelto la strategia dello scontro frontale, della rinnovata demonizzazione dell'avversario e del tanto peggio tanto meglio per quel che riguarda i problemi della società italiana». Sullo stessa lunghezza d'onda il suo omologo al Senato Maurizio Gasparri: «Dietro il livore di Veltroni si cela la sua imminente defenestrazione. Cerca di alzare la voce sperando che qualcuno all'interno del suo partito possa ancora seguirlo. Ma dietro le urla si celano solo menzogne e nessuno è più disposto a seguirlo. Sul nulla, poi, non si può basare alcuna opposizione». A difesa del segretario scende in campo Pierluigi Bersani. «Se si facessero le Olimpiadi della faccia tosta - ironizza -, si saprebbe già il vincitore...». «Questo governo - continua - ha fatto 12 leggi. Di queste, 11 sono decreti e solo una legge ovvero il lodo Alfano. Sono andati avanti a colpi di fiducia. Hanno fatto scelte di notte, come quella sulla scuola, senza che ci fosse la possibilità di alcuna interlocuzione. Io non ho mai usato la parola dialogo perché è una parola astratta e preferisco parlare di accordo o di disaccordo. Con un governo ragionevole non sarebbe un problema trovare accordi, ma fin qui abbiamo visto soltanto ragioni profonde di disaccordo e l'opposizione ha il dovere di metterle in luce ed essere combattiva».