Storace attacca: "L'antifascismo non è un valore"
{{IMG_SX}}«Mi piace riassumere quello che penso, se ancora avremo i quattrini - visto che stiamo pagando ancora i debiti della campagna elettorale -, in un manifesto in cui ci sia il nostro simbolo e sopra scritto: "Dalla parte sbagliata"». Perché? Qual è l'obiettivo? «È far capire agli italiani che mica è detto che tutti la dobbiamo pensare allo stesso modo. Siamo in un'epoca di globalizzazione e capisco che prevale il grande sul piccolo, prevale il partitone sul partito. C'è la logica di formare il partitone nel quale però è difficile distinguere il collante. O addirittura trovarlo. E quando anche lo individui è difficile trovare la differenza con l'altro partitone. Sul piano valoriale è difficile vedere queste differenze. Se questa è la logica, perché andare in edicola e comprare Il Tempo? Voglio il giornalone». D'accordo, ma allora che cosa imputa a Fini? «La superficialità con cui dice certe cose. Perché domando: chi stabilisce chi era dalla parte giusta e quella sbagliata». Scusi, Storace. È ovvio, la democrazia è la parte giusta. O no? «E lo dice a me? Mi sono confrontato due grandi volte con la democrazia. Una volta quando mi hanno scelto per governare la Regione e una volta quando non mi hanno voluto. Accetto quel responso. Voglio dire: nella democrazia non c'è dubbio che ci si creda. Sul razzismo l'abbiamo scritto nel primo articolo del nostro statuto qual è il nostro pensiero». E allora lei che ne pensa di queste polemiche di questi giorni sul fascismo? «La penso esattamente come il primo Alemanno quando è andato in Israele. No alle leggi razziali ma basta con i giudizi sommari sul fascismo. Per il resto, hanno fatto tutto da soli. Non siamo stati noi a stimolare questo dibattito. E tutto un dibattito interno ad An. Alemanno ha detto quelle cose, La Russa ne ha dette altre meno condivisibili». Perché non condivisibili? «Perché ha detto: "Ricordo i caduti della Rsi dal loro punto di vista...". Come se lui fosse un passante. Che vuol dire, La Russa? Tu, con la tua storia? E poi arriva Fini e scopriamo l'antifascismo come un valore». L'antifascismo era stato riconosciuto anche nelle tesi di Fiuggi. «Attenzione, in quelle tesi è riconosciuto come strumento di libertà. Qui lo si considera un valore». E perché lo considera un passaggio così determinante? «Voglio ricordare Acca Larentia. Fini dovrebbe ricordarlo visto che è stato al trentennale. Io c'ero quando accaddero i fatti, l'anno dopo. Quando vennero e spararono, e non mi colpirono solo perché fui più fortunato di Ciavatta, Bigonzetti e Recchioni (le tre vittime della strage del '78, ndr), ebbene loro furono ammazzati nel nome dell'antifascismo. E tu, Fini, sei stato il segretario del Fronte della Gioventù. Tu hai portato quelle bare a spalla. Anche quei ragazzi erano dalla parte sbagliata? E proprio perché anche tu riconosci che non tutti gli antifascisti furono democratici, che bisogno c'è di dichiararsi democratici con l'obbligo dell'antifascismo?». Dove vuole arrivare Storace? «Se l'antifascismo è stato macchiato dal sangue, come si fa ad elevarlo a valore? E non c'è bisogno di essere fascisti per dirlo, basta essere democratici. E le dirò di più: vi do appuntamento al 26, 27, 28 ottobre, pubblicherò l'elenco dei circoli di An che festeggeranno la marcia su Roma e li metterò sul mio blog sotto un post dal titolo "vigilanza antifascista"». Ci saranno molti circoli? La base è ancorata al fascismo? «Guardi, nel corpaccione del partito non il sentimento del fascismo ma il rifiuto dell'antifascismo sicuramente c'è». Ma le sembra normale che la destra italiana, a sessant'anni di distanza, stia ancora a misurare il proprio tasso di "essere di destra" in base ai giudizi sul fascismo? Non è il caso di evolversi un po'? «Sono passati duemila anni dalla Scritture. Se domani mattina il Papa, siccome la società è cambiata, dice: "Sai che c'è? Siamo atei"; non credo che fareste queste stesse valutazioni scrivendo: "Il Papa ha ragione".. E allora io mi rifiuto di pensare che la giustizia sociale sia patrimonio dell'antifascismo. È una bestialità. E quello che è assurdo è che questo contorsionismo storico deriva da una guerra di successione, per chi si posiziona meglio, ed è una meschina polemica interna. Non è che ci sono arrivati leggendo i libri. E allora perché dire che è tutto è nero e non arrivare, dopo sessant'anni, a un giudizio più sereno che magari arrivi a ricordare che se prendiamo la pensione ed esiste l'Inps forse è anche merito di quel periodo». Beh, però qui che colpa ne ha Fini? «Infatti non me la prendo con lui. Sono rattristato da quello che dice. Se fosse vivo il padre Sergio l'avrebbe preso a schiaffi. Non vedo segni di discontinuità con il precedente presidente della Camera, forse Bertinotti sarebbe stato più prudente. E a proposito di eguaglianza, il lodo Alfano mi impedisce di dire esattamente quello che penso». A quale guerra di successione di riferiva prima? «A quella a Berlusconi. Il virus del Campidoglio può colpire chiunque. Chi è lì pensa: "Domani ci posso essere io a Palazzo Chigi". È successo a Rutelli e Veltroni...». C'è una guerra Fini-Alemanno? «C'è anche questo». Ma con Alemanno a che punto siete? C'è ancora l'ipotesi di un accordo con la Destra o è tutto sfumato? «Se domani mi chiama Alemanno e mi chiede di dargli un nome per un assessorato, francamente ho difficoltà a fare un accordo. Perché, guardi, questa storia qui è ferita vera».