Ora Veltroni alza la voce
A lanciare il grido d'allarme è Walter Veltroni nell'intervento che ha chiuso la scuola di formazione del Pd, svoltasi negli ultimi quattro giorni in alcune cittadine della Toscana e dell'Umbria. Rivolgendosi ai giovani che hanno seguito i corsi (tra i docenti Edgar Morin, Jeremy Rifkin, Jean-Paul Fitoussi e Giorgio Ruffolo), Veltroni li ha invitati all'impegno per una «politica alta», non ripiegata sul sondaggio quotidiano, per porre le basi di una alternativa alla destra, che mostra «un limite strutturale» nella sua cultura, come emerge, ad avviso del leader democratico, dalle recenti affermazioni revisioniste di La Russa e Alemanno. «Il tempo della destra populista - ha detto - è quello della democrazia che si riduce». Questo è riscontrabile nelle politiche repressive che il governo ha già adottato per esempio sull'immigrazione o la prostituzione: «In una logica vanamente e unicamente repressiva, si parte dalle impronte ai bambini rom per arrivare alle celle negli stadi, al carcere per le prostitute e per i loro clienti, per poi spingersi magari alla proposta della schedatura informatica di massa del sistema francese. È anche così - ha aggiunto - che può cominciare l'autunno della democrazia e della libertà». «La destra - ha detto ancora Veltroni - sta rovinando economicamente, politicamente e moralmente l'Italia», che però «si renderà conto a breve che sette anni di governo della destra l'hanno ridotta nelle condizioni drammatiche in cui si trova oggi». È anche in quest'ottica che vanno lette le recenti affermazioni revisioniste di La Russa («che pone sullo stesso piano le vittime e i carnefici») e di Alemanno («che vuole ridurre la condanna della dittatura solo al suo ultimo periodo»). Bene ha fatto quindi il presidente della Camera Fini «a pronunciare parole inequivoche»; e tuttavia, ha detto Veltroni, «viene da pensare che ci sia innanzitutto un limite strutturale nella riflessione compiuta dalla destra italiana sulla sua storia, sulla sua cultura, sulla sua identità. Viene da pensare che non sia ancora pienamente introiettata, nel complesso di questa classe di governo una vera e salda cultura repubblicana». Veltroni, però, ha voluto dare ai giovani presenti degli spunti di speranza, invitandoli innanzitutto ad impegnarsi in una «politica alta: quella che nasce come arte antica e nobile, che ha poco o nulla a che fare con il tatticismo esasperato, con la furbizia come valore, con le manovre nascoste del correntismo». I giovani dovranno essere «capaci di intervenire nel tempo più lungo e nel modo forse più difficile ma certo indispensabile, lavorando per cambiare la mentalità, la cultura dominante, la condizione di un paese, di una società. Solo noi - ha detto infine Veltroni tra gli applausi scroscianti - possiamo essere l'alternativa nuova di cui il Paese ha bisogno. Dobbiamo saperlo e lavorare perchè al tramonto del berlusconismo corrisponda l'alba di una stagione di riforme, di modernizzazione e di moralizzazione della vita pubblica».