«Siamo autosufficienti
Il premier, prima in mattinata a Bari per l'inaugurazione della Fiera del Levante e poi nel pomeriggio in collegamento telefonico da Roma con la «Scuola di formazione politica» di Gubbio, rivendica l'orgoglio azzurro e la voglia di andare avanti. E per farlo, decide di partire da lontano. Dalla rottura con l'Udc che, dice, pur essendo stata «dolorosa» ha portato anche degli indubbi «vantaggi». Parole che «feriscono», replica Pier Ferdinando Casini da Chianciano. Ma per Berlusconi la realtà è un'altra: oggi, dice, non c'è più «qualcuno che sistematicamente si oppone alle nostre iniziative». Una coesione che, aggiunge, consente di portare a termine quelle riforme che nei cinque anni di governo precedenti non è stato possibile fare. Fra queste, il Cavaliere cita la riforma federale («che non deve spaventare il Sud perché sarà una grande opportunità»), quella della scuola («veramente importante nonostante le falsità della sinistra»), ma soprattutto quella della giustizia e del sistema di voto europeo. E spiega che si tratta di riforme «necessarie». «Abbiamo i numeri per varare una nuova legge elettorale con uno sbarramento del 5%, cinque circoscrizioni e liste preparate dalle forze politiche», dice il presidente del Consiglio chiudendo di fatto la porta a qualsiasi dialogo con il centrosinistra. Stesso atteggiamento per quanto riguarda il tema della giustizia: ora, dice infatti il premier, «grazie alla nostra compattezza possiamo finalmente dare il via a quella riforma che abbiamo preparato da anni e che che darà all'Italia una giustizia che procede in tempi europei». Berlusconi insomma non ha nessuna intenzione di disattendere l'impegno con gli elettori. Anche perché, sottolinea, è proprio grazie alla realizzazione delle «promesse» che il consenso nei confronti del governo ha raggiunto livelli «imbarazzanti». Secondo i suoi dati, 67 italiani su cento apprezzano l'operato del governo («in gran parte attribuito al premier» sottolinea); un livello «mai raggiunto prima». Inevitabile che Il Cavaliere rivendichi anche la scelta di creare un partito unico: «Stiamo dando vita a una forza politica che deciderà del destino dell'Italia nei prossimi decennni». Qualcosa che, dice punzecchiando lo «scetticismo» iniziale di An, «nessuno tranne noi credeva possibile».