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La riscossa della Carfagna "Uno schiaffo agli sfruttatori"

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E lo capisci dal fatto che il ministro si presenta nel primo pomeriggio di un giorno storico, perché tale è la giornata di ieri, in forma smagliante, perfettamente truccata, pettinata, vestita. Forte di un pantalone nero, di una camicia trasparente il giusto e di un tacco non proprio agevole da gestire per l'intera giornata, Mara Carfagna sgretola in pochi secondi l'idea del politico affannato, sudaticcio, che si trascina da una riunione all'altra senza cura per sé, nutrendosi di improbabili tramezzini e trangugiando coca-cola. Entri nel suo studio a via del Tritone e lei ti accoglie sorridente, celando a fatica l'entusiasmo per una giornata che si sta rivelando piena di soddisfazioni. La stanza è modernamente arredata, così come l'ha voluta Stefania Prestigiacomo, primo ministro ad occuparla dopo il restauro del palazzo. La parola più giusta (dal suo punto di vista) è rivincita, ma è una parola che lei mai pronuncia in un'ora di conversazione. Si sente a pelle che sta imparando la dura arte della politica di alto livello, dove una parola di troppo può costarti la poltrona. Lo capisci dalle sue risposte, che sono caute molto oltre il suo istinto e, forse, il suo reale pensiero. Lo capisci dalla soddisfazione che trattiene a fatica, anche se ormai ha imparato a stare un passo indietro ai sentimenti. Ecco allora il ministro che ragiona sui punti delicati della legge sulla prostituzione da poche ore varata dal governo. Dice convinta che c'è un diritto delle famiglie a portare in macchina i bambini senza dover loro spiegare cosa fanno quelle persone seminude agli angoli di certe strade. Argomenta con passione sull'articolo di legge che prevede il rimpatrio assistito del minore scoperto a prostituirsi, chiarendo che la norma verrà applicata nel rispetto di tutte le norme internazionali e sarà innanzitutto a tutela del minore medesimo. Sostiene convinta che il provvedimento potrà avere effetti benefici sul degrado di molte zone delle città italiane, rendendo più difficile la vita agli sfruttatori. Parla da donna e non solo da politica, tenendo a precisare di non essere in alcun modo una moralista. Se le obbietti che le nuova legge di fatto prova ad allontanare la prostituzione dalle strade chiudendo un occhio su quello che succede dentro casa o in albergo ti risponde che quanto fatto è il massimo possibile sul piano normativo, tenendo conto delle storiche divisioni sul tema presenti in Parlamento. Se le domandi dell'esistenza di una approvazione preventiva da parte del Vaticano ti dice che c'è stato dialogo, curato in particolare da Simonetta Matone, suo capo di gabinetto. Se sollevi il tema del percorso parlamentare che avrà la norma ti spiega che spera in una rapida approvazione, anche se conosce bene quanto è fitto il calendario autunnale. Ci tiene però a dire che vorrebbe un testo non troppo diverso da quello uscito dal consiglio dei ministri. A cinquant'anni dalla storica legge Merlin il governo ha approvato il nuovo disegno di legge in pochi minuti, segno di un buon lavoro preparatorio e di una significativa coesione politica. Carfagna nulla si attende dall'opposizione, anche se legge con una certa curiosità una dichiarazione possibilista di Antonio Di Pietro. Non sembra affatto turbata dalle burrasche degli ultimi mesi. Dice anzi che ha continuato a lavorare ai suoi provvedimenti, compreso quello sulla prostituzione, anche nei giorni più delicati degli scorsi mesi, quando le battute acide su di lei si sprecavano, tanto nei salotti che sui giornali. La sensazione del cronista è che dietro quei modi assai gentili si celi una solidità invidiabile. Mettiamola più spiccia: chi ha sperato nel crollo di Mara Carfagna sotto il peso del pettegolezzo ha fatto male i suoi conti. Il ministro va avanti e già pensa al futuro, che per lei vuol dire nuove norme in materia di pedofilia. Ne parla seduta su una poltrona in velluto rosso, che già era nell'ufficio. Per scaramanzia (finalmente una debolezza) ancora non ha fatto nemmeno il più piccolo cambiamento nella stanza in cui lavora. Quando abbandona un pizzico di controllo ferreo sulle parole rivela che ha saputo dal televisore che sarebbe diventata ministro. E lo ribadisce anche quando le dici che non ci crede nessuno, al punto che quasi quasi diventa convincente. Alla fine ammette che la notte scorsa ha dormito poco, comunque meno del solito. Insomma un po' era preoccupata per questa legge, per la reazione della stampa e quella del Palazzo, a cominciare dal governo stesso. Bene così. Solo gli incoscienti non si preoccupano mai.  

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