Fabrizio dell'Orefice f.dellorefice@iltempo.it «Si ...
Senatore, quale epoca va chiudendosi? «Quella della generazione politica dei cattolici che ha ritenuto, già dalla metà degli anni '50, che l'accettazione della modernità per i cristiani fosse ineluttabile e comportasse l'accettazione della secolarizzazione e di tutti i suoi esiti». In che senso, scusi? Accettare la modernità significava andare verso sinistra? «Anche questo. Per molto tempo è valso anche tra i cattolici una sorta di darwinismo politico: il moderno si trovava a sinistra. Così sono nati il centrosinistra, il compromesso storico, i governi di unità nazionale. Di fronte al fallimento di queste esperienze è chiaro che il Papa proponga una nuova via». Ma perché allora il Papa pronuncia queste parole proprio oggi? «Perché l'esperienza dei partiti identitari e ancor più quella dei partiti unici dei cattolici è definitivamente tramontata. In Italia la Chiesa assecondò quella stagione perché si avevano tre condizioni storiche peculiari connesse tra loro: la divisione bipolare del mondo, l'esistenza del più forte partito comunista d'Europa, la Dc: un partito che, al contempo, raggruppava tutti i cattolici e costituiva la diga più efficace contro il comunismo». D'accordo, sono tre condizioni cadute ormai da anni. «Infatti queste riflessioni sono da tempo nel pensiero del cardinale Ratzinger prima e di papa Benedetto XVI poi. Ieri le ha solo ribadite». Il Papa ha liquidato anche l'esperienza dei cattolici in politica così come si è svolta ai tempi della Dc? «Quell'esperienza è stata liquidata dai fatti. Semmai la forza del messaggio del Papa potrebbe indurre i piccoli partiti che in Italia perseguono ancora quella strada a ripensarci». Sta pensando all'Udc? «L'Udc potrebbe comprendere che i suoi principi possono essere meglio tutelati in un contesto partitico più ampio in cui convivono laici e cattolici». Quella del Papa oggi non suona come una bocciatura dell'attuale classe politica cattolica, di destra e di sinistra, al punto da invocare una nuova con rigore, morale e competenza? «Piuttosto mi sembra una bocciatura di classi politiche del passato che hanno ritenuto di adattarsi alla modernità anche a scapito di quei principi che Benedetto XVI ritiene "non negoziabili"». Benedetto XVI, tuttavia, ha lodato il presidente del Consiglio Berlusconi. A suo avviso perché? «Perché arriviamo da due anni molto difficili nel rapporto tra Chiesa e politica. Anni durante i quali si è messo in discussione il fatto che la Chiesa potesse esprimersi su temi come la vita, la morte, la famiglia». Si è sostenuto che fossero delle vere e proprie «invasioni di campo». «La distinzione tra la sfera civile e quella ecclesiale è sacrosanta, ma se la distinzione diventa separazione si determina una perdita secca di laicità. La Chiesa non ha solo il diritto, ma ha il dovere di affermare ciò che pensa, a maggior ragione su temi fondamentali per il suo magistero». Intanto anche due ministri, come Rotondi e Brunetta, si accingono a presentare una proposta sui Dico. Ci risiamo? «Non credo proprio. L'iniziativa del governo Prodi tendeva a dar vita a un surrogato di famiglia. Questo era e resta inaccettabile. Se invece per regolamentazione intendiamo il perfezionamento dei diritti della persona nelle unioni, diritti in gran parte già riconosciuti, non c'è ragione per opporvisi. Neppure da parte della Chiesa». Anche il mondo cattolico ha mosso critiche a questo governo, proprio per essere stato carente nella sua azione a sostegno della famiglia. Condivide? «Vi sono risoluzioni votate da questa maggioranza che impongono al governo di destinare eventuali tesoretti a detrazioni fiscali a favore delle famiglie. Era quel che si poteva fare. Se non rispetteremo l'impegno, il mondo cattolico farà bene a criticarci».