Ecco il piano. Gli esuberi sono 3.250
Senza stipendio, almeno quello erogato dalla compagnia della Magliana, resteranno in 3.250. Nel nuovo soggetto economico costruito attorno alla Cai (la cordata di imprenditori guidati da Roberto Colaninno) e la AirOne di Carlo Toto la pianta organica rispetto alla semplice somma degli attuali dipendenti, pari a 17.500, sarà di solo 14.250. Un numero inferiore alle cifre drammatiche circolate negli ultimi mesi. Ma che non tiene conto dei contratti a termine che non verranno rinnovati. E del fatto che non tutti gli oltre 14 mila saranno riassunti nella nuova azienda. Solo 11.500, infatti, resteranno nella Compagnia Aerea Italiana, per gli altri 2.750 l'orizzonte futuro è l'esternalizzazione, cioè il collocamento in società esterne. Circa 700 saranno però in una «zona grigia», come l'ha definita Sacconi, che prevederà «servizi essenziali come call center o alte tecnologie», 1.600 nella manutenzione e 450 nel settore cargo. Per cargo e manutenzione Sacconi ha sottolineato che anche se fuori dal perimetro aziendale della Cai, i posti di lavoro saranno salvaguardati. Parole che fanno dunque temere solo per i 700. Occupati a parte Sabelli, ha spiegato i punti salienti del piano Fenice già ampiamente riportati nei giorni scorsi. «Non siamo qui per fare una compagnia «low cost» o di breve raggio - ha detto l'a.d. - sarà un network completo con tratte a breve, medio e lungo raggio e con una flotta totalmente nuova con l'arrivo di 60 nuovi velivoli nell'arco di 4-5 anni e una quota del mercato italiano del 56%». L'obiettivo di business è di 4,8 miliardi di fatturato, mentre il capitale iniziale sarà di almeno un miliardo, con una prospettiva di ritorno al pareggio operativo dei conti in due anni. Sarà una nuova Alitalia dunque molto concentrata sui voli nazionali, Linate sarà dedicato al collegamento con Roma, anche se convinta dell'importanza di quelli internazionali. Sottoposta a una cura dimagrante - tagliati circa 80 aerei - la nuova compagnia sarà dedicata soprattutto al mercato del corto-medio raggio con 75 destinazioni, di cui circa sedici intercontinentali e le altre 49 sparse tra Italia e Europa. Non ci sarà più il dualismo dei due hub di Milano e Roma sostituito da sei minihub, cioè sei aeroporti principali. Ai due citati si aggiungeranno, Torino, Napoli, Venezia e Catania. Il piano c'è. La volontà di chiudere anche. E ora a parola passa ai sindacati che devono rispondere entro sette giorni. Il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni ha detto: «il Governo deve inserire clausole ben precise per impedire eventuali scalate dai pur necessari e importanti partner internazionale». Il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, «occorre lavorare in modo continuativo se vogliamo provare a chiudere per giovedì». Epifani (Cgil) risponderà solo oggi.