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Riforme, ora c'è voglia di dialogo

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Soprattutto per merito dei dalemiani. E tra i Democratici e il Pdl ha iniziato a prendere forma un abbozzo di dialogo. Su tutto, dal federalismo alla legge elettorale alla riforma sul sistema elettorale per le europee. L'artefice del cambiamento è stato soprattutto Massimo D'Alema, che con Berlusconi ha un rapporto che risale ai tempi della Bicamerale. E anche la parte della Margherita è molto più «sensibile» al confronto piuttosto che alla strategia del muro contro muro. Ieri Massimo D'Alema, intervenendo alla Festa del Partito Democratico a Firenze, ha ribadito il suo sì al confronto. Anche se ha scelto di non sbilanciarsi. «Sulle riforme costituzionali ed elettorali io auspico da sempre che sulle regole del gioco le forze che sono limpidamente contrapposte nella sfida politica possano trovare delle intese — ha spiegato rispondendo alle domande dei giornalisti —- naturalmente poi dipende dal merito, non è una discussione astratta». L'unico che resta tagliato fuori da questa operazione, e che infatti è anche il più «tiepido» sulla scelta del confronto, è Walter Veltroni. Il leader del Pd ha il timore di perdere Di Pietro aprendo troppo al confronto sulle riforme. E allo stesso tempo, non avendo forza dentro il partito, ha paura di essere scavalcato dal leader dell'Italia dei valori nella contrapposizione con il Cavaliere. Preoccupazioni che lo costringono a una posizione di «immobilità» mentre il resto del partito, in particolare gli amministratori locali per quel che riguarda il federalismo, lo ha già scavalcato.

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