Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Fassino: "Casini, con noi starai meglio"

Fassino

  • a
  • a
  • a

Quanto a questo continuo parlare della leadership del Pd mettendo in discussione la figura di Veltroni, dico che è immorale l'atteggiamento di quanti prima hanno sostenuto che solo con lui c'era la certezza di vincere e ora lo vogliono brutalmente scaricare. E gran parte della responsabilità ce l'ha una parte del giornalismo politico. Solo in Italia c'è la nevrosi di scaricare il leader ogni giorno». Le vacanze di Piero Fassino sono state ridotte all'osso. Pochi giorni nella casa di Scansano, la valigia già pronta per partire per Denver alla Convention democratica e poi la rinuncia «perchè ho deciso di rimanere in Italia per seguire gli sviluppi della crisi georgiana». Nella sua casa romana l'atmosfera è quella di fine vacanze. Giornali accatastati ovunque, borsoni, un paio di teli da mare sul divano, una pila di libri, alcuni ancora da aprire. Sarebbe sbagliato pensare che smessi i panni del segretario dei Ds, accompagnato il varo del Pd, ora per Fassino le giornate sono più lunghe. Come ministro degli Esteri del governo ombra ha un gran da fare. «Ecco, vede cosa scrivono oggi i giornali esteri? La crisi georgiama si sta aggravando». Ministro degli Esteri, sì che lo avrebbe voluto e non certo di un governo ombra. La storia di Fassino degli ultimi anni sembra la parabola di quel cupio dissolvi della sinistra che finisce per fagogitare i suoi padri nobili. Ma come si è sentito chi ha preso in mano un partito ai minimi storici, l'ha risollevato, l'ha portato alle elezioni, gliele ha fatte vincere. Non solo, poi ha gettato le basi del Pd e al momento di raccogliere i frutti, ecco che ti arriva Veltroni e si siede in sella. Troppo duro da ingoiare, no? «Se guardo ai sei anni della mia leadership sono soddisfatto e sereno. Nel 2001 l'obiettivo dopo la sconfitta elettorale era di ricostruire i Ds facendone la struttura portante per il rilancio dell'Ulivo e portarlo alla guida del Paese. Tra il 2002 e il 2006 abbiamo vinto tutte le elezioni fino al governo Prodi. Per gettare le basi del Pd ho speso tutte le mie energie». Sì, però poi, varata la nave, ha lasciato il timone in mano a Veltroni. Molto generoso da parte sua. «La scelta di Veltroni è derivata dalla valutazione del contesto politico. In quel momento era il candidato ideale come fattore di novità, di coesione, di consenso esterno e colui che più facilmente poteva essere accettato dalla Margherita. Quanto a me, vengo da una scuola in cui le aspirazioni personali vanno commisurate al contesto politico». Ma lei avrebbe voluto o no fare il segretario del Pd? «È ovvio che sì, sarebbe stupido negarlo, ma ho fatto valere una scelta politica e continuo a sostenere Veltroni con convinzione. Trovo anzi che ci sia una forma di immoralità da parte di chi prima lo ha sostenuto in modo cieco e poi, dopo le elezioni, gli ha gettato la croce addosso». Anche ora è convinto che Veltroni sia la scelta giusta? «Noi non abbiamo scelto il direttore della campagna elettorale ma un leader. Ovvio che sì». Lei è stato veramente convinto che potevate vincere le elezioni? «Era un'impresa difficile. Le elezioni sono venute dopo soli venti mesi di governo Prodi e con un centrosinistra che dava un'immagine di divisione più che di coesione». Non avete solo perso le elezioni, il Pd continua a perdere consensi, come dicono i sondaggi di questi mesi. C'è qualcosa che non funziona, ve lo siete chiesti? «Vorrei che qualcuno mi dicesse se esiste un Paese democratico nel quale dopo cinque mesi, chi ha vinto le elezioni è già in crisi e chi le ha perse è già pronto a prendere il suo posto. La politica ha bisogno di far maturare un progetto. È ovvio che Berlusconi ha ancora il vento nelle vele. Il Pd ha bisogno di tempo ma ci sono tutte le condizioni per conquistare un consenso più ampio di quel 33% delle elezioni. È comprensibile che ci sia un malessere dovuto alla sconfitta elettorale ma non c'è nessuna lotta personalistica in corso contro Veltroni. Nessuno vuole cambiare leader». Le alleanze. Come va con Di Pietro? «Di Pietro è un nostro alleato con cui c'è una discussione aperta sulle modalità di fare l'opposizione. Noi non siamo per l'estremismo parolaio ma per caratterizzare l'opposizione con proposte alternative». Le alleanze future. L'Udc è single, che ne dite? «Con l'Udc stiamo parlando perchè abbiamo un reciproco interesse a unire le nostre forze nell'azione di opposizione. E la convergenza nel fare opposizione può creare le condizioni per costruire una futura alleanza di governo». Mentre voi discutete, Berlusconi fa l'affondo... «Ma quale affondo, sono solo mosse tattiche. Berlusconi vuole annullare l'Udc e Casini lo sa. Noi siamo più affidabili. Non chiediamo a Casini di entrare nel Pd, non proponiamo fusioni ma un'alleanza politica rispettosa delle identità di ciascuno. Il rapporto con l'Udc può iniziare nelle regioni e negli enti locali. Per le elezioni del 2010 in Veneto e Lombardia potrebbe esserci un'alleanza Pd-Udc per battere Berlusconi. Casini ha rischiato di restare fuori dal Parlamento per non farsi distruggere da Berlusconi, sarei molto sorpreso se oggi tornasse indietro». L'alleanza con la sinistra radicale è archiviata definitivamente? «Bisogna vedere cosa è, e cosa diventerà. Al momento Rifondazione è spaccata e Comunisti e Verdi sono tornati nell'anonimato. In ogni caso le lezioni del 2009 sono un passaggio importante anche per verificare le alleanze con la sinistra radicale in sede locale». Il dialogo con la maggioranza passa attraverso la Lega? «Sulle questioni istituzionali il dialogo e la convergenza sono auspicabili. E siccome il federalismo è materia istituzionale e la Lega è nel centrodestra quella che più scommette su questo tema, è evidente che sia un nostro interlocutore. Se c'è convergenza bene, altrimenti ognuno vota per le sue proposte». Come si spiega il successo che Berlusconi continua ad avere tra la gente? «Berlusconi ha sfruttato bene la questione dei rifiuti di Napoli. È anche riuscito a intercettare tanti malesseri, da quelli dei pensionati, agli imprenditori, ai cittadini sulla sicurezza». Richieste a cui voi non siete riusciti a dare risposte... «Berlusconi ha fatto una serie di promesse e ha proposto un doppio messaggio: ciascuno potrà fare di più quello che vuole e io offrirò a tutti più protezione. Ma è un messaggio che non dura. Si logorerà in fretta. Il Dpef ha dimostrato che le tasse per i prossimi tre anni non caleranno e per l'Alitalia s'è trovata una soluzione tampone con alti costi per lo Stato e i dipendenti. Gli immigrati clandestini continuano a arrivare e i recenti drammatici episodi di cronaca dicono che il problema della sicurezza è ancora allarmante. Insomma, sono sicuro, non durerà». E il Pd quanto durerà? Riuscirà a doppiare il congresso? «Sempre questa litania del congresso. Ora siamo impegnati a rafforzate il Pd e nella campagna di adesioni. Il congresso si farà quando sarà utile e necessario. Non c'è nessuna conta da fare».

Dai blog