«La politica deve fare i conti con i bisogni reali dei cittadini»
Ha ancora senso una manifestazione di questo tipo in questo momento storico? «Io, noi, pensiamo di sì. E ne troviamo conferma nel fatto che, in questi giorni 4.000 volontari, aderendo ad una proposta ideale, sono già al lavoro a Rimini e continueranno a farlo per tutta la settimana. C'è evidentemente un motivo se tanta gente è disposta a lavorare gratuitamente. Inoltre non possiamo dimenticare le centinaia di migliaia di persone che ogni anno affollano i saloni della Fiera di Rimini». Perché vengono? «Per lo stesso motivo per cui noi, da tanti anni, facciamo il Meeting di Rimini. Lo slancio ideale, i desideri da cui ciascuno è mosso sono cose a cui è difficile rinunciare. Serve un luogo che metta a tema questo». E la politica? L'impressione è che quest'anno ce ne sia poca. Perché? «A noi interessa affrontare i bisogni reali e le condizioni che permettano a tutti di stare bene. Per questo, ad esempio, abbiamo idealmente a cuore il tema della sussidiarietà e la possibilità che lo Stato riconosca che persone mosse da un ideale costruiscono. Di questo discuteranno, ad esempio, Roberto Formigoni e Gianni Alemanno. Oppure, per fare un altro esempio, parleremo con il ministro Alfano di come il carcere può diventare un'occasione di rinascita. E lo faremo presentando una mostra, Vigilando redimere, che documenta esperienze concrete. Così sarà anche per il tema del lavoro, della scuola. Insomma abbiamo voluto legare la politica a questioni reali». Si può dire, usando uno slogan, che il Meeting cerca interlocutori e non bandiere da sventolare? «Mi sembra un'ottima sintesi». Passiamo al titolo: O protagonisti, o nessuno. Il problema dell'Italia oggi è la mancanza di protagonisti? «Dell'Italia e non solo. C'è un problema culturale di fondo: oggi tutti rincorrono il successo, vogliono essere vincenti, ma poi non hanno consapevolezza del senso, di cos'è l'uomo. Guardi i ragazzi fanno a gara per essere i primi a possedere certe cose, ma poi sono i più spauriti davanti alla realtà». Qual è la strada che il Meeting vuole indicare alla politica per riscoprire questo protagonismo? «Il Meeting non ha mai preteso di indicare la strada alla politica. Si tratta piuttosto di una grande occasione educativa: dobbiamo imparare a non rinunciare alla spinta che i nostri desideri destano. Ma questo non è automatico, serve un'educazione». Benissimo, ma ci sarà pure qualcosa che vi aspettate da chi governa il Paese? «Noi rifiutiamo un modo ideologico di porre le questioni. Per questo mettiamo a tema i bisogni di ognuno. Per questo, durante questa settimana, parleremo di cose concrete da affrontare. Alla politica chiediamo di fare i conti con questo. Nulla di più».