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«Perché non si preoccupano dell'efficienza dei processi?»

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«Io credo che occorra separare i due aspetti - spiega il presidente Luca Palamara -: da un lato la riforma del processo, dall'altro quella della giustizia intesa come riforma della Costituzione». Qual è la vostra priorità? «I magistrati vogliono è che il processo funzioni, nell'interesse dei cittadini. Questo chiediamo alla politica. Anziché una riforma dei giudici servono iniziative tese a migliorare i processi». La politica cosa risponde? «Su questo avevamo iniziato un confronto con il ministro Alfano, ma poi abbiamo dovuto prendere atto del fatto che il governo ha preferito fare altro». E siete stati costretti ad alzare la voce. «Lo dico molto chiaramente. Al di là delle etichette, il sistema attuale, previsto nella Costituzione, pone una serie di contrappesi su temi come la separazione delle carriere, sul Csm, sull'obbligatorietà dell'azione penale, che garantiscono un equilibrio dei poteri in un quadro che vede il magistrato libero, autonomo e indipendente. Questo noi difendiamo». Intanto però Berlusconi cita Giovanni Falcone, un magistrato che, tra le altre cose, chiedeva con forza la separazione delle carriere. «Falcone non deve essere strumentalizzato. Per noi magistrati è un modello di riferimento per la sua passione, per l'impegno e per gli insegnamenti che ci ha lasciato per continuare la lotta alla criminalità organizzata. Quanto alla separazione delle carriere, poi, già esiste». In che senso? «La riforma dell'ordinamento giudiziario fatta nel 2006, cioè anni dopo la morte di Falcone, traccia una netta distinzione tra pm e giudice. Le faccio un esempio: io sono pm a Roma e, se volessi fare il giudice, dovrei andare obbligatoriamente fuori distretto. Il problema semmai è un altro». Quale? «Che fine farà il pm? Da chi dipenderà, dal potere esecutivo? Noi difendiamo la garanzia di autonomia e indipendenza non per corporativismo, ma perché crediamo che sia interesse di tutti i cittadini». Crede che l'opposizione possa condividere con voi questa battaglia? «Francamente siamo rimasti molto perplessi e smarriti nel leggere il documento firmato insieme da senatori del Pdl e del Pd, tra cui alcuni appartenenti ai Radicali, il quale sostiene, tra l'altro, che la vera emergenza è la riforma della giustizia. Le emergenze sono altre e ci piacerebbe conoscere qual è la posizione ufficiale del Pd». Secondo lei esiste la possibilità di riaprire un dialogo? «L'impressione è che la politica, troppo spesso, è lontana dalle problematiche che i magistrati si trovano ad affrontare, soprattutto nelle terre di frontiera. Eppure io credo che il buon funzionamento del sistema giudiziario debba essere interesse di tutti. Se vogliamo concentrarci su questo, il nostro contributo non mancherà. Non vogliamo portare avanti un contrasto che, francamente, non ci appartiene. Se invece si toccano i principi e si vogliono riforme che puntano a strumentalizzare singole indagini, non possiamo che far sentire la nostra voce».

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