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Giancarla Rondinelli [email protected] «Sono stati ...

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..».L'accusa di cui parla Enzo Scotti, uno degli "attori-vittime" delle vicende giudiziarie che travolsero la Dc napoletana negli anni '80, era quella di essere in qualche modo legato alla camorra, («Gava boss figlio di boss» disse qualcuno in quegli anni). Scotti dipinge quel periodo come un «momento terribile», con tante «falsità dette e cattiverie fatte». Quindi, il "vicerè" per le strade di Napoli, salutato dalla camorra con tanto di bacio a "'u ciciniello", l'anello vistoso che Gava portava al dito... tutte leggende? «Ma quale vicerè! Il potere che si aveva allora era nettamente inferiore a quello che hanno ora sindaci e governatori. È un termine davvero ridicolo. E pensare che la legislazione antimafia, quella che ha condizionato la vera lotta alla mafia, ha i primi segnali proprio nel periodo in cui Gava fu ministro dell'Interno. Io e Martelli portammo avanti quei germi, arrivando poi alla stagione del contrasto netto». Parliamo del processo: 13 anni e due mesi, numerosi i politici coinvolti. Alla fine tutti assolti. Qual era l'obiettivo reale, colpire solo la Dc? «Certamente sì. La mia impressione è che ci fu un momento in cui si pensò che, colpendo la Dc, si potesse cambiare il Paese, e qualcuno potesse cambiare pelle. Tragico errore di quegli anni, che tra l'altro continua a pesare sulla storia dell'Italia. Il pensiero di Chiaromonte doveva servire da esempio a tanti». In che senso? «Lui fu lo storico avversario di Gava, ma lo fece sempre mantenendosi sul terreno politico, mai sulla demonizzazione dell'avversario, come fecero molti altri. La Dc era diventata l'obiettivo da combattere, punto e basta». Secondo qualcuno, la sinistra che subentrò alla Democrazia cristiana in quegli anni in Campania, era molto più vicina alla camorra di quanto si potesse credere... «Guardando in faccia la realtà dell'ultimo decennio, la penetrazione della camorra nelle istituzioni è molto più forte di quanto sia mai stata. Oggi non c'è una presenza per interposta persona, ma è diretta sul territorio». Cirino Pomicino, in un'intervista, ha dichiarato: «Io, Gava e Scotti non eravamo dei mostri. E siamo stati riscattati». È davvero così? «Siamo nell'ambito delle valutazioni politiche. Lasciamo alla storia il compito di valutare gli anni passati. Anche perché, c'è ancora una sorta di buco nero su quegli anni, non esiste una visione realistica di quello che è successo. Ogni tanto viene fuori qualche piccolo bagliore, ma poi prevale un giudizio manicheo». Antonio Gava, non il politico, ma l'uomo. Come lo ricorda? «Sono stato suo collaboratore, e suo avversario. Lo conoscevo bene. Ma c'è una cosa che ho scoperto solo negli ultimi anni: il suo grande senso religioso, quello con cui ha affrontato il male fisico, le cattiverie provenienti dall'esterno, la grande bufera che ha travolto la sua vita». Berlusconi, nel suo messaggio di cordoglio, ha detto che la morte di Gava «non cancella il torto che ha subito per 13 anni». «Sono perfettamente d'accordo. Ma lui era sereno. Ho ancora in testa la testa la sua voce. L'ho sentito qualche giorno fa: ho telefonato a suo figlio e poi ho parlato direttamente con lui». Cosa le ha detto? «Che era felice di sentirmi. Era molto sofferente». Esiste un colpevole di tutta questa vicenda? «Non penso si tratti di una persona sola...». Secondo lei, Gava avrebbe voluto delle scuse? «No, non gli importava. Quello voleva era ristabilire la verità rispetto alla sua famiglia e ai suoi amici. E purtroppo, questo, lo ha avuto solo in parte. Spero che in futuro, prevalga la verità, piuttosto che il senso di vendetta».

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