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Banche italiane a piccoli passi verso il cuore del credito cinese

Finanza

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La sua banca è piccola rispetto ai colossi statali e semi statali, ma gli occhi del signor Liù, fuori dal sorriso d'ordinanza, brillano quando all'inizio della sua presentazione spiega che i crediti difficoltosi non superano il 2% del totale di quelli erogati. Gli altri dati, quelli sulle attività e sugli utili li darà più tardi, come se volesse fissare una gerarchia di importanza tra le varie informazione che ci fornisce. E tra qualche riga forse potremo capire su cosa potrebbe aver basato questa scelta. La sua banca si chiama Qingdao city commercial bank. Appartiene per la maggioranza al gruppo Haier, che è il maggior produttore cinese di elettrodomestici ed è presente sui mercati di tutto il mondo, mentre le altre due quote rilevanti sono della municipalità della città di Qingdao e per il 19,99% degli italiani di Intesa San Paolo. Potremmo definirla una banca locale, ma rischieremmo di commettere un errore di valutazione dando a questa espressione un significato riduttivo. Addirittura non è neppure la maggiore della sua città, anzi lì si classifica seconda con una quota di mercato pari al 6% per depositi e impieghi. Non è quotata, ma guarda alla prospettiva della quotazione e intanto ha scelto di prendere come punto di riferimento i risultati di una delle più dinamiche banche quotate della Cina. Perché tutti questi che potrebbero sembrare punti deboli, o almeno caratteristiche riduttive, nella situazione del mercato del credito in Cina oggi potrebbero invece essere dei punti di forza? Le piccole banche locali, intanto, sono libere da logiche di assistenza e di sostegno alle imprese che sono state o sono ancora impegnate nella transizione dall'economia pianificata a quella di mercato. Guardando alla realtà dell'economia cinese tendiamo a dimenticare che solo venti o anche dieci anni fa era ancora aperto il problema della riconversione delle vecchie aziende controllate dallo stato. Quella che ora sembra un'economia dinamica e fortemente spinta dall'iniziativa privata si trova da poco in queste condizioni. E a molti grandi gruppi bancari di proprietà statale è toccato il compito di traghettare parte del sistema produttivo verso l'obiettivo dell'efficienza. Compito non semplice e soprattutto non gratuito. La stessa quotazione in Borsa, alla Borsa di Shanghai, non è garanzia di maggiore efficienza economica e di maggiori controlli sull'azienda. La Borsa e in generale la finanza sono il punto debole dell'economia cinese: corre il sistema produttivo ma il mercato finanziario non è altrettanto sviluppato. E la Borsa non rappresenta un'attendibile valutazione delle imprese. La spiegazione forse è stata un po' lunga, ma serviva per capire la logica della scelta di Intesa San Paolo: puntare, acquisendone una quota, su una realtà piccola, ma nuova, quindi non invischiata nelle precedenti vicende economiche, e legata alla regione a maggiore crescita della Cina (mentre la presenza di un forte gruppo industriale locale e multinazionale tra i soci garantisce la conoscenza del mercato e del sistema produttivo). Se cambiassero, come a volte viene annunciato dai politici cinesi, le regolamentazioni locali sui limiti nelle partecipazioni di stranieri nelle banche (ora non possono essere maggiori del 20%), dice il responsabile delle reti estere di Intesa San Paolo, Giuseppe Cucurrese, saremmo pronti a salire a una quota più alta. Intesa è sponsor della nazionale italiana alle Olimpiadi di Pechino, ha puntato fortemente sulla Cina e può dire che tutto le aziende italiane che operano in Cina utilizzano i suoi servizi. La scelta della banca italiana, come prova anche la partecipazione nella piccola banca di Qingdao, è per la gradualità e la cautela nel muoversi su un mercato comunque difficile come quello cinese. Una porta nuova, però, si sta aprendo ora per le imprese italiane e forse in un settore che ancora non ha fruito in pieno dei possibili vantaggi del mercato cinese. In Cina è in partenza un grandissimo programma di infrastrutture, di opere pubbliche. Sono le municipalità a impegnarsi direttamente (e il livello decisionale cittadino ormai rappresenta la vera novità anche politica del complesso assetto di potere cinese). Intesa San Paolo sta puntando anche su questo nuovo mercato. In questo caso l'accordo è stato stretto con un gruppo fortemente consolidato nel sistema del credito cinese: la China development bank. Da parte italiana si fa valere anche l'importanza di un piano, il progetto 100 città, partito nel 2006 e ora (anche grazie agli obblighi mondiali per i quali la Cina dovrà comunque ottenere migliori risultati nelle politiche ambientali) in grado di far valere i suoi effetti. L'obiettivo è la progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture urbane per le città di medie dimensioni (comunque più grandi delle maggiori citta' italiane). Qui sta l'opportunità nuova per le aziende italiane specializzate nei servizi locali, dall'energia alla gestione della rete idrica, nelle costruzioni, nei trasporti. Non è più il tempo della semplice delocalizzazione produttiva, per cui si veniva in Cina solo per abbassare i costi di produzione ed essere pronti a distribuire i prodotti in Asia. Le Olimpiadi sono una fantastica vetrina ma anche un grande sforzo organizzativo per i cinesi. Non tutto ovviamente sarà perfetto. Ma dalle Olimpiadi in poi verrà segnato il confine dal paese che era la fabbrica del mondo a un paese che vuole cambiare il suo modello di sviluppo, rafforzando infrastrutture e servizi, diventando ancora più moderno. Dopo la cerimonia d'inaugurazione e dopo le medaglie ci sarà ancora molto da fare.  

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