Negli ultimi dieci anni Mariastella Gelmini ha fatto una ...
E adesso il grande balzo a ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca scientifica, che ha avuto tra i suoi predecessori giganti come Giovanni Gentile e Benedetto Croce. Come deputata si era già messa in luce nella precedente legislatura, quando presentò una proposta di legge «per la promozione e l'attuazione del merito nella società, nell'economia e nella pubblica amministrazione». «Vasto programma», avrebbe detto il generale de Gaulle. Ma è un pallino che sta coltivando al meglio. Nonostante questo po'po' di curricolo, almeno per il sottoscritto, fino a ieri era un'illustre sconosciuta. Eppure ho maggiore confidenza con Montecitorio e Palazzo Madama che con mia moglie. Dopo essermi cosparso il capo di cenere per l'intollerabile negligenza, mi riprometto di colmare la lacuna al più presto. Per almeno due motivi. Primo, perché sono professore universitario ordinario di Diritto pubblico comparato all'Università di Genova. E perciò la Gelmini è il mio ministro, per di più cultrice come avvocato del Diritto amministrativo. Tuttavia metto le mani avanti: sono sine spe nec metu. Difatti non ho nulla da chiedere e svolgo con scrupolo i miei doveri accademici. Secondo, perché a dispetto degli occhiali da miope il ministro sa vedere lontano. Perciò m'intriga. Tanto per cominciare, è una che parla come mangia. Quando ha finito di esporre il proprio pensiero, non ha altro da aggiungere. In un Paese normale questo non dovrebbe fare notizia. Ma il nostro è un Paese sui generis. Dove politici di prim'ordine come Tommaso Morlino e Arnaldo Forlani erano capaci di parlare per ore senza dire nulla. E dove un Attilio Piccioni, interpellato dai giornalisti durante una crisi ministeriale, se ne uscì con un «mah». Salvo poi inseguire i giornalisti per precisare che lui non aveva espresso alcun giudizio. In questa giungla d'asfalto che è la politica, la Gelmini ormai si muove come un pesce nell'acqua. E sa difendersi a meraviglia dagli attacchi più malandrini. Per esempio Umberto Bossi ha avuto da ridire sul fatto che un avvocato, quale la Gelmini, fosse titolare di un Dicastero come la Pubblica Istruzione. Un'altra al suo posto sarebbe andata a nascondersi o avrebbe fatto finta di niente. Invece la sua risposta è schioccata come una frusta. Neppure Bossi, che pure è ministro per le Riforme costituzionali, è un giurista provetto. Preso in castagna, il Senatùr ha farfugliato - con quella voce un po' così - delle scuse. Di più, sa tenere testa perfino a Silvio Berlusconi, al quale deve tutto. Ha infatti dichiarato che le tre I berlusconiane - Impresa, Internet e Inglese - vanno bene. Però… Però va aggiunta un'altra I: I come italiano, nel senso di lingua. Come non darle ragione, dato che molti sconsiderati dichiarano di non leggere perché non hanno tempo da perdere? La verità è che ci sono più analfabeti di ritorno ai giorni nostri che analfabeti mezzo secolo fa. Per non parlare del politichese, del burocratese, del sindacalese: tutte neolingue coniate a bella posta per allontanare i cittadini dallo Stato. Per non parlare di quell'inglese scipìto coltivato dai burini di tutte le latitudini, infarcito di Ok, Weekend, Budget e via delirando. Per non parlare, dulcis in fundo, di quelle che Ettore Petrolini definiva frasi sfatte. La Gelmini è poi balzata agli onori delle cronache per aver illustrato al Consiglio dei ministri di venerdì scorso il disegno di legge «Cittadinanza e Costituzione», che ripristina il voto in condotta per gli studenti di ogni ordine e grado e inserisce l'insegnamento dell'educazione civica nelle scuole secondarie. Per quanto ne sappiamo, il ministro non ama le improvvisazioni. Prima di fare un passo, ci rimugina a lungo. Ma poi procede spedita come un fulmine. Lo testimoniano le interviste rilasciate di recente, tutte incentrate - ecco che torna il suo sacrosanto pallino - sul merito e dintorni. Una parola e un concetto che non è mai stato digerito dalle sinistre di tutte le risme. Che invocano il dottor Spock prima maniera, teorico del permissivismo, e fingono di ignorare che in vecchiaia riconobbe di aver detto un cumulo di sciocchezze. Per troppo tempo è stata tollerata nelle scuole ogni genere di condotta. Anche la più riprovevole, senza che i responsabili di tali comportamenti andassero incontro a una qualsiasi sanzione. Orbene il ministro, riecheggiando una frase famosa, ha fatto chiaramente intendere che la ricreazione è finita. Chi svillaneggerà compagni o, peggio, insegnanti, avrà pane per i suoi denti. Sarà costretto a ripetere l'anno anche nei rari casi in cui abbia buoni voti nelle varie materie. Insomma, il bullismo non sarà più tollerato. E poi tornerà quell'educazione civica colpevolmente caduta in desuetudine che illustra i nostri doveri e i nostri diritti. Analizza il funzionamento delle istituzioni. E prepara cittadini degni di questo nome. È poi una sciocchezza criticare da sinistra il grembiule a scuola, che parifica i figli dell'oca bianca a quelli dell'anatroccolo. Non abbia paura del coraggio, ministro. E vada fino in fondo. Ci troverà sempre al suo fianco. Perché senza una scuola come Dio comanda non c'è futuro. [email protected]