Nei prossimi giorni toccherà al Riesame pronunciarsi sulla ...
Laziale ostinato, a me napoletano non disdegna simpatia. Non solo perché il 31 agosto il campionato partirà con Roma-Napoli. Ma perché ci lega l'amicizia con un gentiluomo napoletano, della generazione dei miei genitori, l'ingegner Beliazzi, che ebbe anch'egli anni fa una disavventura carceraria. Gli hanno fatto piacere le testimonianze di solidarietà di Berlusconi e di Pannella, fin dal giorno dell'arresto. Poi le parole di Napolitano gli hanno giovato. Ed il ricevere subito una visita di Marcello Pera lo ha addirittura commosso. Gli dico che in Senato siamo in tantissimi e da tutte le parti a coltivare l'irrinunciabile convinzione della sua estraneità a ipotesi delittuose e che sarà difficilissimo convincerci del contrario. Mi parla delle sue letture. Da Canetti a Stendhal (e c'è un collegamento, perché il primo fu avido lettore del secondo), da Zavoli a Pasolini (e c'è l'intrecciarsi di socialismo e cristianesimo), il mondo delle sue letture, più che la Marsica di Ignazio Silone, evoca in me proprio la Sulmona di Giuseppe Capogrossi. Quel filosofo dell'esperienza giuridica, approdato poi alla Corte Costituzionale, è ancora per i garantisti un riferimento irrinunciabile. Ed il suo nome, fra dirigenti e collaboratori del carcere di Sulmona, è ancora garanzia di umanità, di civiltà, di misura. Non ne mancano nelle fila di un personale, forse troppo schematicamente squadrato ed inquadrato dalle iniziative del ministro Brunetta. A Sulmona, comunque, storia, filosofia, diritto non si fanno consumare dalla cronaca, la quale apparve fin dal principio confusa e confusionaria, quando, all'indomani dell'arresto, il procuratore di Pescara Nicola Trifuoggi fece proprio un diritto-dovere di replicare al presidente del Consiglio, pur senza citarlo direttamente, ed in una conferenza stampa affermò, tra l'altro, che «il nostro non è teorema, abbiamo riscontri con dati di fatto». Berlusconi aveva detto, infatti, che gli sembrava una cosa molto strana la decapitazione completa, «quasi una retata» di una intera Regione e che di solito molti teoremi accusatori non vengono confermati. Ma su quali dati di fatto Del Turco è stato arrestato? Per Vincenzo Angelini il presidente della Regione Abruzzo avrebbe ottenuto tangenti «per spaccare lo SDI di Boselli e per portare al PD otto senatori». Ora, la presenza in Senato di otto senatori dello SDI è un dato oggettivamente falso, e fa presumere che di conseguenza alla base dell'accusa possano esserci anche falsificazioni ed insinuazioni. Partendo da questa premessa ebbi quindi a presentare, in quanto senatore della Repubblica, una interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia per chiedere di sapere se il ministro non ravvisasse nell'inopportunità della conferenza stampa del dottor Trifuoggi, e nella inesattezza di alcune sue affermazioni, motivi per esercitare l'iniziativa inerente alla sussistenza di profili di responsabilità disciplinare del magistrato. Forse la mia posizione parlamentare era troppo da tifoso di Ottaviano. Ma oggi, dopo le sue dimissioni dai vertici della Regione, la sua permanenza in carcere sarebbe dettata solo da spirito persecutorio immotivato. Dove sta più un concreto e imminente pericolo di fuga, di reiterazione del reato, di inquinamento delle prove? In assenza di questi requisiti, di uno almeno di questi requisiti, la misura cautelare è ingiustificata. Se poi serve per privare un imputato del diritto di non collaborare con l'accusa, vuol dire che la lettura delle pagine di Capogrossi è più che mai necessaria. Di quello straordinario giudice costituzionale la magistratura italiana ha evidentemente smarrito la memoria.