E la «città dei veleni»

Lo scoglio maggiore è senz'altro quello che gli ha fatto trovare lungo la navigazione verso la soluzione il sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino, la quale, ironia della sorte, è finita lei per scivolare. Ma sul serio. È accaduto a casa sua appena l'altro giorno. Un bel ruzzolone che gli ha procurato una slogatura della caviglia. Nulla di grave per fortuna, una fastidiosa fasciatura è una dolorosa degenza. Cose che succedono. Di certo però a Palazzo Chigi non hanno gradito l'atteggiamento del primo cittadino partenopeo. Perché con il decreto rifiuti il governo aveva concesso trenta giorni di tempo per indicare un sito all'interno del Comune ove edificare il termovalorizzatore cittadino. Ebbene, la Iervolino non si era scomposta e per un mese le indiscrezioni avevano indicato nella zona di Napoli Est quella nella quale si sarebbe costruita la nuova struttura. Ben collegata da ferrovia, autostrada e porto, poco abitata in quanto di grande sviluppo industriale, idonea a supportare il traffico di mezzi: sembrava la più idonea. Allo scadere prefissato a sorpresa il sindaco del capoluogo partenopeo ha indicato invece l'area di Agnano, area ovest, che immediatamente è sembrata inadatta. Anzi, quella del sindaco è parsa una scelta provocatoria. Perché Agnano è zona vulcanica, è a due passi dalla più famosa Solfatara di Pozzuoli. Ed è zona sismica. Piazzare lì un inceneritore sarebbe stata una decisione pressocché folle. Per questo il sottosegretario ai rifiuti, Guido Bertolaso, sta rivedendo l'indicazione comunale riportando il tutto alla originaria Napoli Est. Dal Comune alla Regione, e la situazione non migliora. Palazza Santa Lucia è pressocché alla paralisi. Il governatore Antonio Bassolino, fiutata l'aria che tirava, ha provato a salire sul carro berlusconiano nella speranza di rientrare nel gioco politico e nel sogno di non passare alla storia come «mister munnezza» e non finire nelle enciclopedie come uno dei peggiori casi di malamministrazione in un Paese occidentale. Dunque, Bassolino collabora. Per quello che vale. La sua leadership è in caduta libera e alla guida del Pd locale non è riuscito nemmeno a sistemare il suo cavallo, Andrea Cozzolino, un tempo capo della sua segreteria, battuto al rush finale dal veltroniano Luigi Nicolais, per tutti più semplicemente Gino, ex ministro della Funzione Pubblica. E anche il principale sostenitore di Bassolino a livello nazionale, Massimo D'Alema, sembra abbandonarlo ogni giorno che passa sempre di più. Se il quadro politico è questo, più sconfortante - per Berlusconi - è quello che può arrivare dalla Procura. Già, la Procura di Napoli che gli ha già procurato qualche dolore con l'inchiesta su Agostino Saccà che lo ha coinvolto marginalmente ma che gli è comunque costata qualche scomoda intercettazione e un ridicolo procedimento su una inverosimile compravendita di senatori sul finire della scorsa legislatura. L'Anm locale gli ha pesantemente bocciato proprio il decreto sui rifiuti, considerandolo addirittura incostituzionale per la parte che riguarda l'istituzione dell'ufficio unico che coordina le indagini sui reati ambientali. E proprio un'indagine in corso, intitolata «Rompiballe», sta creando qualche grattacapo a Palazzo Chigi. Il lavoro dei pm ha affondato le mani nella melma del commissariato di governo procedendo all'arresto del braccio destro di Bertolaso, Marta Di Gennaro. E lo stesso sottosegretario è finito in alcune intercettazioni dalle quali emerge un quadro imbarazzante. Ovvero che il commissariato in passato abbia proceduto a smaltimenti di rifiuti non a norma, e il capo della Protezione civile non pareva esserne completamente all'oscuro. Fatto sta che l'inchiesta sta per concludersi e la Procura s'è spaccata sulle richieste di rinvio a giudizio. Una frattura grave, a quanto pare, visto che è dovuto intervenire il capo della Procura, Giandomenico Lepore, avocando a sé il fascicolo e dunque esautorando i due pm che se ne stavano occupando, Noviello e Sirleo. A cui poi, però, ha riaffidato l'inchiesta. Insomma, è la Napoli dei veleni. E non solo quelli maleodoranti che fuoriescono dai cumuli di sacchetti (per la verità sono diventati una rarità anche quelli). Veleni, guerre tra bande, dissidi. Di fronte a tutto ciò al premier non resta che una sola strada: fare tabula rasa. A casa fannulloni, enti inutili, strutture inefficaci. Sono stati per esempio sciolti gli enti di bacino di Napoli e Caserta, macchine sprecasoldi che sono serviti soprattutto alla politica locale per mungere la vacca del denaro pubblico. Via 61 persone tra presidenti, vicepresidenti, consiglieri, commissari, subcommissari, direttori generali, direttori semplici e revisori. Ed entro la fine di settembre saranno sciolti tutti i rapporti professionali con consulenti, in alcuni casi con parcelle d'oro. Ed è solo l'inizio. F.d.O.