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Rifondazione, la fine di Vendola. Vince Ferrero

Paolo Ferrero

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Sullo sfondo la presidenza chiama, in rigoroso ordine alfabetico, i delegati che in maniera palese annunciano il loro voto per la mozione di Ferrero o di Vendola. Si chiude così l'era di Fausto e, con lui, chiude i battenti un'idea di Rifondazione Comunista. Basta cachemire e salotti televisivi. Si cambia. Neanche Nichi è riuscito nel miracolo. Ed è quasi un paradosso. Lui che, sovvertendo tutti i pronostici, è riuscito a strappare la Puglia al centrodestra, è costretto alla resa tra le mura amiche. Sconfitto dallo «sconosciuto» Paolo Ferrero. Uno che, senza quel posto da ministro, sarebbe probabilmente rimasto un semplice dirigente del partito. Ma i voti, come dice qualcuno dei delegati alla fine, non si raccolgono con la televisione. E alla fine l'ex titolare della Solidarietà sociale è riuscito, non senza difficoltà, a raccogliere attorno alla sua mozione 38 delegati in più del suo avversario (342 a 304) e, alla fine, ha vinto la sfida per la segreteria con appena otto voti di scarto, uno in più del quorum necessario (142 a 134). Certo, per farlo ha dovuto riunire tutte le minoranze del partito, ma questo è un problema che si risolverà successivamente. Per ora Ferrero si gode la vittoria e prepara la sua svolta a sinistra. Una svolta che, guarda caso, si sintetizza in una frase: «Noi vogliamo ripartire dai problemi reali della società e magari con meno apparizioni in tv». Quando però il neosegretario pronuncia queste parole (ad uso e consumo dei telegiornali che devono andare in onda) Vendola è già in viaggio per la Puglia, troppo lontano per replicare. In fondo la sua posizione l'ha già spiegata sia alla platea sia a taccuini e telecamere. «Io considero questo congresso come la fine della storia di Rifondazione comunista come l'ho conosciuta» commenta il governatore pugliese che poi non rinuncia ad attaccare gli avversari accusandoli di «plebeismo», di «arretramento culturale» e di «infantilismo primitivo». La sua area politica, che da oggi si chiamerà Rifondazione per la sinistra, però, non se ne andrà. Anzi, pur rinunciando a «qualsiasi livello di compromissione nella gestione politica del partito» porterà avanti la battaglia «per capovolgere una linea che non ha il fiato necessario per rifondare il partito nel campo largo delle sinistre». In fondo Vendola e i suoi hanno pur sempre il 47% di Rifondazione e, assicurano, lo faranno pesare. Fin da settembre quando organizzeranno la loro prima manifestazione. Ma oggi non è il giorno di Vendola. Né di Gennaro Migliore, il quarantenne che Bertinotti avrebbe tanto voluto come suo successore. Né di Franco Giordano il segretario che ha guidato Rifondazione fino al disastro del 13-14 aprile e che oggi, stizzito, attacca: «Con Paolo Ferrero segretario viene meno la condivisione collettiva della sconfitta che non è responsabilità solo mia visto che lui era ministro del governo Prodi che tutti consideriamo come causa del risultato elettorale di aprile». Adesso è l'ora di Fosco Giannini, Claudio Grassi, Walter De Cesaris, Claudio Bellotti. Una somma di minoranze ha preso in mano il partito e anche se Vendola sostiene che «da comunista ha imparato a stare con gli sconfitti e ad essere sconfitto», ha ancora una carta nella manica: sperare almeno che Vladimir Luxuria vinca l'Isola dei Famosi.  

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