Fabio Perugia f.perugia@iltempo.it Senatore Pietro Ichino, ...
Crede sia servito l'effetto annuncio del ministro? «Sicuramente sì; ma Brunetta deve stare attento a non privilegiare l'urgenza del messaggio all'opinione pubblica e l'effetto annuncio rispetto all'esigenza di elaborare misure ben congegnate. Nelle sue ultime misure ci sono anche degli errori». Per esempio? «La norma che impone il certificato di malattia rilasciato dal presidio sanitario pubblico è inattuabile; lo è anche quella che impone la visita ispettiva fin dal primo giorno per tutti i casi di assenza. Un errore non di Brunetta, ma del governo è di aver tolto il tetto alle retribuzioni dei dirigenti pubblici proprio mentre si tagliavano i premi di produttività agli impiegati». Il Pd si oppose alle parole del ministro Brunetta. Ora deve ricredersi su alcuni provvedimenti "duri" che il governo vuole attuare? «Il Pd ha sempre detto, per bocca di Linda Lanzillotta alla Camera e mia al Senato, che le parole d'ordine generali proposte dal neo-ministro della Funzione pubblica sono giuste, anche perché sono del tutto simili a quelle che abbiamo presentato in campagna elettorale. Il problema è che nel progetto del ministro ci sono delle contraddizioni rispetto a quei principi; e una grossa lacuna». Quali contraddizioni? «Parlare di responsabilizzazione dei dirigenti sugli obiettivi e contemporaneamente dettare nuove regole e procedure da applicare: il controllo o è sulle procedure, o è sui risultati; non può essere su tutt'e due insieme». Lei ha parlato anche di una lacuna. «Sì. Il progetto del ministro non prevede una garanzia efficace dell'indipendenza e della trasparenza dell'operato dei valutatori. Le esperienze straniere più avanzate mostrano, tra l'altro, come solo un organo indipendente di valutazione possa realizzare una vera trasparenza delle amministrazioni pubbliche, elaborando e pubblicando indici credibili di andamento gestionale. Su questo punto il ddl del Pd è molto più completo e incisivo». In un suo commento lei spiegava che alcune iniziative avrebbero dovuto riguardare anche i "nullafacenti". Cosa intende? «Fra quelli che chiamo nullafacenti - che sono moltissimi - non ci sono soltanto i fannulloni, ma anche quelli che vorrebbero lavorare, vorrebbero persino coltivare l'orgoglio della propria funzione, ma si trovano in un contesto organizzativo nel quale li si costringe all'improduttività. Occorre puntare su questi per voltar pagina, ridando loro speranza». E lei cosa farebbe? «La sola cosa fattibile è attivare un sistema di valutazione indipendente e trasparente dell'efficienza e produttività degli uffici, sulla base del quale responsabilizzare fortemente i dirigenti, premiare gli uffici più virtuosi e costringere i meno virtuosi a riallinearsi almeno alla media». Nonostante i primi obiettivi raggiunti dal governo, le parti sociali restano ostili a Palazzo Chigi. Crede debba cambiare il modo di fare il sindacalista in Italia? «Distinguerei le grandi confederazioni dai sindacati di categoria, soprattutto quelli autonomi. La parte migliore del sindacato ha capito che voltar pagina rispetto alle attuali inefficienze gravissime è indispensabile. E chiede che si costruisca un sistema di valutazione credibile, a cui possano essere collegati gli incentivi e le sanzioni. Se la politica saprà offrire una sponda solida a questa parte del sindacato, lo avrà alleato in questa battaglia». La Finanziaria passa alla Camera con la norma «anti-precari» che ha scatenato polemiche. Ha un'idea di riforma, a riguardo? «Dobbiamo ridisegnare il nostro diritto del lavoro secondo il modello della migliore flexicurity europea. Fare in modo che esso offra a tutti i giovani, almeno per i rapporti che si costituiranno d'ora in poi, una forma di lavoro decente e una vera uguaglianza di opportunità, ripartendo equamente fra tutti le protezioni e la flessibilità necessarie».