Silvio batte ancora Romano. In due mesi ha prodotto il doppio
Infatti facendo un raffronto tra i due governi nei primi due mesi di impegno istituzionale risalta appunto il dato favorevole al Cavaliere. Numeri che proprio l'attuale premier ha diffuso ieri e che dicono che finora sono 41 i provvedimenti varati dal governo Berlusconi di cui sedici sono disegni di legge, dieci decreti legge, mentre quindici sono i decreti legislativi. Lontano, invece, Prodi che con la sua compagine si è fermato a 26 provvedimenti. Quindici in meno rispetto a Berlusconi. Tra questi undici disegni di legge, cinque decreti legge ed altrettanti decreti legislativi. Per il resto poi alcuni regolamenti, tra cui quello a favore delle vittime della criminalità e del terrorismo. Non mancano nemmeno due decreti presidenziali legati alle questioni ambientali ed entrambi proposti dall'allora ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio: il primo istituiva il Parco nazionale dell'Appennino Lucano-Val d'Agri-Lagonegrese con il relativo Ente Parco; il secondo rideterminava i confini del Parco nazionale dello Stelvio. Non solo però provvedimenti di secondo piano in quei mesi visto che proprio tra maggio e luglio videro la luce alcuni dei dispositivi più criticati della gestione Prodi. Come ad esempio il decreto legge sulle liberalizzazioni firmato dalla coppia Visco-Bersani che di fatto innescò la durissima protesta delle varie categorie professionali con in testa avvocati e farmacisti. E poi il disegno di legge che portò all'introduzione della «class action». Introduzione che però proprio il governo Berlusconi si è premunito di far slittare al primo gennaio 2009 quando, come ha spiegato il ministro Scajola, sarà fatto «un percorso di revisione con le parti interessate». Ed infine non si può non ricordare un provvedimento che non vedrà mai la luce: il disegno di legge delega al governo per la riforma della normativa sulla gestione dei servizi pubblici locali predisposto dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, Linda Lanzillotta, e dal Ministro Bersani. Riforma rimasta sepolta in Parlamento dagli interessi dello stesso centrosinistra che proprio sulla gestione dei servizi pubblici locali ha costruito le sue fortune elettorali.