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Furti e rapine costano 700 milioni l'anno

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Maroni

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Il quadro poco confortante emerge dal secondo rapporto Confcommercio-Gfk Eurisko, tracciato proprio su sicurezza e criminalità. L'indagine — realizzata nel periodo marzo-aprile 2008 attraverso un questionario inviato ad oltre 50.000 imprese associate a Confcommercio — indica che per tre commercianti su dieci i livelli di sicurezza (contro furti, rapine, estorsioni, usura) sono peggiorati tra il 2006 e il 2007; per sei su dieci sono rimasti uguali; solo il 4% li ritiene migliorati. I più insicuri sono al Centro (il 43% vede un peggioramento rispetto al 31% della totalità del campione). Il fenomeno che preoccupa maggiormente i commercianti è quello di furti e rapine: il 54% vede un aumento dei primi, il 41% delle seconde; sono ancora i residenti del Centro i più pessimisti. Al secondo posto della ricerca di Confcommercio, si trovano estorsioni e usura, rimaste allo stesso livello tra il 2006 e il 2007 per quasi la metà del campione. Il 17% dichiara poi di aver subito furti, rapine o estorsioni nel 2007, con una maggiore incidenza nelle grandi città (il 21% in quelle del Nord, il 26% in quelle del Centro-Sud). Solo un quarto di chi ha subito rapine, furti o estorsioni ha dichiarato di aver sporto denuncia alle forze dell'ordine. Ciò anche perché si impiegano mediamente sette giorni di lavoro del titolare dell'impresa per denunciare un reato e per avviare le pratiche burocratiche. Circa il 7% degli imprenditori ha intenzione di spostare la propria attività o di chiuderla per problemi legati alla criminalità. È il presidente dell'associazione dei commercianti a puntare il dito sul fenomeno dilagante della criminalità, chiedendo una risposta forte: «Le imprese sono già gravate da un eccessivo carico fiscale, dalla burocrazia e da costi di gestione in crescita. Se a questo si devono aggiungere anche i costi della criminalità, si rischia veramente di ridurre la libertà di impresa, con il risultato di spingere molti imprenditori a chiudere o a trasferire la loro attività». C'è poi un altro aspetto da considerare, quello sottolineato da Coldiretti, sempre in merito all'indagine di Confcommercio: 7,5 miliardi di euro, questo è il costo della criminalità sulle tavole italiane. E questo perché, «nelle campagne — spiegano gli agricoltori — si assiste al moltiplicarsi di furti di attrezzature e mezzi agricoli, racket, abigeato, "pizzo" sotto forma di imposizione di manodopera o di servizi di trasporto o guardiania, danneggiamento alle colture, aggressioni, usura, macellazioni clandestine, truffe ai danni dell'Ue e caporalato». Tra i reati che registrano il maggior allarmismo nel settore agricolo — spiegano gli agricoltori — ci sono l'abigeato con il furto di circa 100 mila capi di allevamento l'anno, e la sottrazione di mezzi e attrezzature agricole spesso con la formula del «cavallo di ritorno» che prevede di dover pagare per farsi restituire il mezzo. Secondo la Dia, la criminalità che opera nelle campagne «incide più a fondo perché, a differenza di quella urbana, può contare su un tessuto sociale e su condizioni di isolamento degli operatori e di mancanza di presidi di polizia immediatamente raggiungibili ed attivabili».  

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