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Bossi: «Dialogo sulle riforme» Ma intanto offende l'Inno

Bossi

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«Siamo pronti ad accogliere le loro proposte anche sul federalismo. Da parte nostra non ci sarà una chiusura al Pd e a Veltroni», ha detto il Senatur. Che subito dopo però ha rispolverato l'abito da battaglia, quello dell'Alberto da Giussano tanto caro al popolo del Carroccio. Così alla personale galleria «anti-istituzionale» ha aggiunto un'altra provocazione: un gestaccio - il dito medio sollevato - all'Inno di Mameli che chiede a tutt'Italia di essere «schiava di Roma». «Mai più schiavi di Roma. Toh!», ha maramaldeggiato Bossi. Leghisti veneti in delirio, e congresso che è proseguito con altri attacchi del Senatur. Sulla scuola innanzitutto. «Dopo il federalismo - ha detto - bisogna passare anche alla riforma della scuola. Non possiamo lasciare martoriare i nostri figli da gente (i professori, ndr) che non viene dal Nord. Un nostro ragazzo agli esami è stato "bastonato" perché aveva presentato una tesina sul federalista Carlo Cattaneo». Al leader ha fatto eco la parlamentare veneta Paola Goisis: «I nostri ragazzi sanno tutti i Re di Roma, ma non conoscono neppure il nome di un Doge della Serenisima». Già, i Re di Roma. La Capitale è tornata ancora nel mirino del linguaggio immaginifico del leader leghista. «Non dobbiamo più essere schiavi di Roma. Dobbiamo lottare - ha aggiunto Bossi - contro la canaglia centralista. Ci sono quindici milioni di uomini disposti a battersi per la loro libertà». Bossi, parlando più forse da ministro delle Riforme, è stato netto anche su alcune novità che saranno introdotte dal federalismo. Per esempio quando ha annunciato di voler «togliere di mezzo la spesa storica», in base alla quale lo Stato assegna i trasferimenti alle Regioni. E poi sulla sussidiarietà tra Regioni. Bossi ha detto di non essere contrario alla perequazione tra Regioni più ricche e quelle più povere. «Ma deve essere una perequazione giusta - ha osservato - non come è adesso, dove chi più spende più ha soldi dallo Stato. È una truffa, è uno schifo. Adesso ogni Regione deve vivere con i soldi che produce». Infine la partita del Veneto, dove il governatore Giancarlo Galan, che spinge per dar vita al Pdl su base territoriale, è ormai ai ferri corti con gli alleati-concorrenti della Lega. Senza usare giri di parole Bossi ha rivendicato al Carroccio il prossimo presidente della Regione, nel 2010. Facendo anche un nome: quello del sindaco di Verona, Flavio Tosi, l'emergente più in vista nella Lega in Veneto assieme al ministro Luca Zaia. Su Galan, il Senatur ha usato parole dure: «Galan - ha detto - continui ad insultarci, vedrà che risultati otterrà. Chi mal agisce mal finisce».

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