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Berlusconi vince ancora, l'opposizione si piega

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Lo ha capito anche Pier Ferdinando Casini che, intervistato da La Stampa, invita il Pd a non cercare «scorciatoie»: «Io penso che ci sia un interlocutore obbligato. Silvio Berlusconi». Il riferimento ovviamente è alla strategia dei Democratici che, nelle ultime settimane, hanno preferito corteggiare la Lega nella speranza, forse, di mettere in un angolo il Cavaliere. Tentativo vano. I sogni del Pd si sono infranti sulle parole di Umberto Bossi che ha detto chiaramente che non mollerà Berlusconi. Anche se il Senatur rassicural'opposizione: «Siamo pronti ad accogliere le loro proposte anche sul federalismo». Insomma il filo del dialogo tra Carroccio e Democratici non si interrompe, ma la vittoria di Berlusconi è indiscutibile. In un solo colpo ha dimostrato di poter contare su una maggioranza compatta e ha costretto il Pd a fare una scelta: o dialogano o si arroccano. Nel frattempo lui va avanti. «Il futuro di Veltroni e del suo partito - spiega il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi (Pdl) - si gioca su questo. Il governo è solido e deve andare avanti deciso sulla sua strada, l'opposizione deve scegliere se confrontarsi seriamente sulle questioni fondamentali, ma non può pensare che questo confronto avvenga senza Berlusconi». E anche se Dario Franceschini critica Bossi per il suo dito medio alzato contro l'inno d'Italia («attacca per coprire il cedimento nei confronti del premier») nel Pd si aspetta un segnale del Cavaliere. «Non ho mai creduto alle strategie differenziali - assicura a Il Tempo il ministro ombra dell'Ambiente Ermete Realacci - è come se Berlusconi decidesse di dialogare, ma non con Veltroni. Noi continuiamo a dire che le regole del gioco si decidono, nei limiti del possibile, insieme maggioranza e opposizione. Certo, l'affidabilità dei nostri interlocutori è quello che è, ma noi dobbiamo dialogare con chi governa anche se fosse Jack lo squartatore». Sulla stessa lunghezza d'onda Giorgio Tonini, responsabile dell'Area Studi, Ricerca e Formazione del Pd: «Casini dice una cosa vera anche se in parte scontata. Il dialogo sulle riforme non serve per fare cucina politica e provare a spaccare la maggioranza. Quando il calendario parlamentare ci farà discutere un testo di legge elettorale per le europee, di federalismo fiscale o di riforme costituzionali noi saremo lì con le nostre proposte». Ma, nonostante le parole distensive, il capogruppo vicario del Pdl alla Camera Italo Bocchino non si fida: «Tutto lascia presupporre che i condizionamenti interni e esterni costringeranno il Pd ad un'opposizione ondivaga. Una sorta di vorrei le riforme, ma non posso».  

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