Roberto Paolo NAPOLI Il polso della città, a due mesi ...
Silvio Berlusconi ha fatto gli auguri ai due frastornati giovani e si è fatto fotografare tra di loro sorridenti e confusi. Immediatamente è stato circondato da una folla di passanti, turisti e guaglioni dei Quartieri Spagnoli. Folla che lo ha seguito fino all'ingresso della Reggia borbonica scattando foto coi telefonini, tra gli applausi e le urla di «Grazie Silvio», con qualche variante in dialetto («Berlusco', si' bello») e qualche altra di tipo religioso («Silvio santo subito», gli ha gridato una donna). È lo sfogo quasi liberatorio di chi ha visto i luoghi più belli del capoluogo partenopeo inondati di immondizia, topi e scarafaggi, ed in 60 giorni sente che «finalmente si respira l'odore del mare», come spiega un pensionato che prende il fresco nei giardinetti a Santa Lucia. In piazza, ad attendere il premier, anche una dozzina di donne di Forza Italia, aderenti all'associazione «Soemia», con cartelli azzurri che ringraziano Berlusconi: «Napoli è pulita, grazie Silvio», è scritto sui cartelli. A guidarle c'è la sociologa Maria Albrizio, docente alla Federico II. «La nostra presenza qui è doverosa - afferma l'imprenditrice Maria Lopes - Berlusconi ha risolto un grave problema». Qui nel centro della città, in effetti, di spazzatura non si vede più nemmeno l'ombra, e anche in periferia le strade sono tornate pulite. Merito delle due discariche aperte dal sottosegretario Guido Bertolaso nel Sannio ed in Irpinia. Ma resta il nodo di Chiaiano, il quartiere a Nord di Napoli dove dovrebbe entrare in funzione una maxi-discarica entro l'autunno. Un progetto ancora fortemente contestato dai comitati dei residenti del quartiere, nonostante l'esito positivo dei rilievi scientifici svolti dai loro esperti congiuntamente alle autorità pubbliche. I tecnici nominati dai Comuni di Marano e Mugnano, che sono al confine con l'area della cava, affermano che il progetto per la costruzione della discarica a Chiaiano «rimane ancora allo stato nebuloso, con estrema incertezza sulla quantizzazione delle diverse componenti che entrano in gioco: non sono state fornite indicazioni sui flussi di traffico esistenti né sulla larghezza delle strade o sulle pendenze e sui nodi di intersezione». Per questo ieri i cittadini del quartiere sono tornati a protestare, stavolta procedendo in auto a passo d'uomo sull'autostrada A3 Napoli-Salerno, in direzione Salerno. Il «soft-walking», stavolta motorizzato, forma di protesta già utilizzata dai manifestanti nelle scorse settimane sia in Centro sia sulla tangenziale, ieri ha visto protagoniste circa 50 auto che hanno di fatto bloccato le corsie dell'autostrada. Ma la discarica di Chiaiano, secondo i tecnici di Bertolaso, non solo è «sicura» ma è anche necessaria ad evitare il riesplodere dell'emergenza, oltre a completare la raccolta dell'immondizia ancora giacente in alcune zone della provincia. Ancora ieri mattina c'erano cassonetti e cumuli di rifiuti in fiamme in alcuni centri dell'hinterland. In particolare i vigili del fuoco sono dovuti intervenire per domare piccoli roghi appiccati nella periferia di Pianura e nel comune di Casalnuovo, a Cercola, Caivano e Quarto. Nulla a confronto delle scene che si potevano vedere fino a due mesi fa in mezza Campania. E nulla a confronto dello scempio fatto per anni di un territorio che è stato sempre simbolo di fertilità e bellezza, ora ridottto in larga parte ad un contenitore di pericolosi veleni sversati dalle fabbriche del Nord con la complicità della camorra. L'ultimo capitolo di questo immane scandalo è stato scritto proprio ieri dalla Procura di Napoli che ha sottoposto a sequestro otto discariche illegali nell'ambito di una inchiesta che vede 17 persone indagate nella campagne tra Giugliano e Lusciano, rivela Gaetano Vassallo, un imprenditore «pentito», sono stati sversati per anni camion di rifiuti tossici. In una sola di queste discariche fuorilegge gli investigatori hanno contato qualcosa come un miliardo e trecento milioni di chilogrammi di veleni. Inquietanti le rivelazioni del collaboratore di giustizia: «In quelle aree anche i topi morivano». Sul traffico lucravano soldi a palate i boss del clan dei Casalesi.