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Quell'uomo non doveva essere in Italia da 2 mesi

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E, per una volta, se questo non è avvenuto, se invece il moldavo inseguito dalla polizia è piombato come un missile sull'auto di tre ragazzi, non è perché le leggi sono troppo tenere. Nemmeno perché non sono state applicate. È vero esattamente il contrario: l'extracomunitario ha ucciso e ferito perché un giudice, in base a norme esistenti, approvate in Parlamento e perfino «comprensibili», ha deciso che non doveva finire in cella ma assistere la moglie incinta. È una storia incredibile, quella che c'è dietro l'incidente stradale dell'altra notte. Una storia tutta italiana in cui, come spesso accade in questo Paese, le responsabilità di fondo sono difficili da accertare. Il 18 maggio scorso Vasile Ignatiuc è arrestato dai carabinieri per rissa nel quartiere romano del Torrino. Il giorno seguente viene processato e scarcerato. L'Ufficio Immigrazione della questura lo segnala al prefetto per l'espulsione. In attesa di essere rispedito in Moldavia, il giovane dovrebbe soggiornare nel Centro di permanenza temporanea di Ponte Galeria, che però è cronicamente sovraffollato. Per lui, insomma, non c'è posto. Allora, come prevede la legge, gli viene intimato di abbandonare il nostro territorio nazionale entro cinque giorni e l'uomo torna libero. Vasile, ovviamente, non ottempera. Il 5 giugno (questa volta i controlli funzionano) lo straniero viene nuovamente fermato dalle forze dell'ordine a Colleferro. E il sei compare davanti al giudice del tribunale di Velletri per essere processato in via direttissima. «Mia moglie aspetta un bambino», dichiara in aula. Il giudice, anziché rendere esecutivo il provvedimento, lo sospende e rinvia la decisione al prossimo 5 settembre, accogliendo la richiesta dell'immigrato che ha effettivamente una moglie in stato di gravidanza. La donna, anche lei moldava, è in possesso di un regolare permesso di soggiorno (che scadrà nel 2009) e lavora come collaboratrice domestica presso una famiglia nel rione Prati. Ma non basta. Vasile Ignatiuc, che a settembre avrebbe potuto vedersi prorogare la sospensione dell'espulsione di altri sei mesi per stare con suo figlio appena nato, risulta abbia anche un precedente per ricettazione che risale al 2006. Quell'anno, infatti, venne sorpreso con della refurtiva a Palestrina, un altro centro della provincia capitolina. Che cosa è successo in quell'occasione non lo sappiamo. Forse anche due anni fa Vasile è riuscito a restare in Italia perché nel Cpt non c'era posto per lui. Forse la questura gli ha dato cinque giorni per andarsene e lui se n'è fregato. L'unica cosa certa è che qualcosa non ha funzionato. E che questo non doveva accadere. Per il sindaco Gianni Alemanno «al di là delle scelte del tribunale di Velletri, si dimostra quello che abbiamo sempre sostenuto, ovvero che all'interno del Patto su Roma bisogna prevedere un potenziamento del Cpt, che oggi si chiama Cie, che non è sufficiente per la città». Gli ha fatto eco il ministro dell'Interno: «Il problema delle espulsioni c'è, e noi nel provvedimento prevediamo norme più efficaci», ha sottolineato Roberto Maroni. Una questione sulla quale pochi giorni fa aveva lanciato l'ennesimo allarme anche il capo della Polizia: «Il 30% degli autori di reati in Italia sono clandestini», aveva detto Antonio Manganelli. Aggiungendo che dei 34.800 irregolari bloccati e sottoposti a decreto di espulsione, 27 mila sono stati subito rilasciati perché i Cpt erano pieni. Se non lo fossero stati, Vasile Ignatiuc non si sarebbe trovato l'altra notte alla guida di quel furgone. Se ci fosse stato posto per lui, non avrebbe ucciso un ragazzo di vent'anni. Se.

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