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Cambia l'obbligo scolastico Sulla Manovra la fiducia

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Spunta poi a sorpresa una modifica all'obbligo scolastico e il ripristino del vincolo per le imprese di comunicare le assunzioni un giorno prima dell'inizio del rapporto di lavoro. Le opposizioni protestano, accusano il governo nel merito e nel metodo. A finire nel mirino è in particolare la mancanza dei tempi per l'esame e la discussione. «Tre voti di fiducia in meno di un mese, due in una sola settimana. In questo modo - accusa il vicecapogruppo del Partito democratico alla Camera Marina Sereni - il governo espropria il Parlamento, sfugge al dibattito con l'opposizione». Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, difende invece la linea dell'esecutivo: «Abbiamo rispettato le prerogative del Parlamento», dice auspicando che anche al Senato si possa svolgere un dibattito «approfondito»; ma soprattutto, insiste il ministro, il maxi-emendamento «tanto maxi» non è e lo dimostrano i numeri: il provvedimento è uscito dal Consiglio dei ministri che aveva 85 articoli e 501 commi; dopo il passaggio in commissione era lievitato a 111 articoli, mentre con il testo del governo si è attestato a quota 96 con 702 commi. Che rispetto ai 1193 dell'ultima finanziaria Prodi sono davvero pochi, si fa notare. Anche se è vero che il confronto non è del tutto proprio dal momento che questo decreto è solo un «anticipo» della manovra annuale. La levata di scudi delle opposizioni riguarda lo svolgimento dei lavori ma anche il contenuto di molte misure approvate dalla maggioranza. Nel mirino, dopo giorni dominati dalle polemiche sui tagli alla sanità e alla sicurezza, arrivano la scuola e l'università. Il Partito democratico punta il dito contro la riforma dell'obbligo scolastico: una modifica al decreto prevede infatti che lo si possa assolvere anche mentre si compie un percorso formativo di tipo professionale. Il che per i Democratici vuol dire ricreare le scuole «di serie A e di serie B», con un ritorno implicito alla riforma Moratti. Se è vero che il fronte della sanità registra toni meno accesi, il malcontento non si placa. Sul banco degli imputati ci sono sempre i ticket per la diagnostica che il governo ha abolito per i prossimi tre anni finanziandoli per metà e lasciando i restanti 400 milioni sulle spalle delle Regioni. Che non demordono e continuano a lamentarsi. Proteste molteplici, quindi, mentre però il governo registra un risultato positivo: al termine del primo giro di boa in Parlamento gli effetti del maxi-emendamento sui saldi mostrano un miglioramento: il saldo netto da finanziare resta infatti invariato nel 2008, mentre aumenta di 187 milioni nel 2009 per poi attestarsi a quota 145,2 nel 2010 e a 139,4 milioni nel 2011. Ora si attende il voto della prossima settimana. Silvio Berlusconi aveva chiesto una manovra lampo prima delle vacanze. Tremonti l'ha consegnata nelle mani del Parlamento.

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