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«Nel Pdl verranno anche Storace e Santanché»

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Denis Verdini, coordinatore nazionale di Forza Italia, è l'uomo al quale Berlusconi ha dato l'incarico di condurre il partito alla «fusione» con An e con gli altri alleati della coalizione per arrivare a far nascere ufficialmente il partito del Popolo della Libertà. E lui, battuta facile e lingua tagliente che, se non bastasse l'accento, rivelano la sua origine fiorentina, lascia aperte le porte a tutti. Anche agli ex popolari che hanno trovato ospitalità a sinistra. E ovviamente anche all'Udc. «È un peccato che ora che stiamo finalmente costruendo quello che sarà il Ppe italiano Casini rimanga fuori. È una cosa che comunque la gente non capisce, gli elettori vogliono modernizzazione e semplificazione, non i particolarismi. Indietro non si può tornare non ci possono essere mille partitini». Ricucire con Casini sarà comunque difficile. Con Berlusconi non si sono lasciati proprio in modo amichevole... «Non c'è dubbio che le classi dirigenti hanno commesso un pasticcio. Ma alla fine bisognerà arrivare a un contenitore unico, non c'è alternativa». Però anche dentro Forza Italia c'è chi vorrebbe più autonomia. Il Governatore del Veneto Galan ha detto, ad esempio, di volere una Pdl del nord. «È un progetto che non ha senso. Perché non lo capirebbero gli elettori. Se Galan pensa di valorizzare il Veneto trattandolo come entità a se stante non ci siamo proprio. Sbaglia, oggi le decisioni si prendono in Europa, basta vedere cosa accade in Francia e Spagna. E poi il Veneto non è una regione a sé stante come la Catalogna, non è paragonabile». Berlusconi ha già stabilito i tempi per arrivare al Pdl, dovrà nascere entro gennaio, al massimo febbraio. Ce la farete? «Per i primi dell'anno saremo pronti. Faremo un'assemblea costituente che consacri definitivamente quello che hanno già deciso gli elettori. È la gente che ha scelto, quando abbiamo fatto i gazebo a novembre, di fare il nuovo partito. È stato un risultato straordinario, che ha fatto perdere la testa anche a Berlusconi. E da lì è nato il famoso discorso del "predellino" in piazza San Babila». Fu una vera sorpresa o voi sapevate già che avrebbe fatto quell'annuncio? «Quella domenica, man mano che arrivavano i risultati dai gazebo, saliva l'euforia. Lui ci telefonò e ci disse "vi farò una sorpresa". Sapevamo che Berlusconi aveva in testa questo nuovo partito ma non avevamo idea ancora di come volesse realizzarlo. E probabilmente non lo sapeva ancora neppure lui. Lo ha deciso quel giorno. E gli elettori gli hanno dato ragione». Più difficile forse è mettere d'accordo tutti i partiti, An e FI prima di tutto. «No, con La Russa ci vediamo costantemente, An vuole arrivare al Pdl quanto noi. In questi mesi ognuno elaborerà la sua strategia di partito per arrivare alla Costituente. Io, ad esempio, in queste settimane ho girato tutte le Regioni per spiegare agli elettori cosa faremo. Sabato concludo con la Sardegna». Però quando si è formato il governo qualche discussione c'è stata, non tutti hanno accettato le decisioni senza protestare. «È vero. Ma è un fatto fisiologico. Poi si è risolto tutto». Con la Lega invece i rapporti sono tornati un po' tesi dopo la decisione di Berlusconi di mettere come priorità il tema della giustizia e non il federalismo. «Siamo alleati con Bossi, quindi si discute insieme. E poi la riforma della giustizia fa parte del programma elettorale». Però è un tema che vi chiude qualsiasi possibilità di dibattito con il centrosinistra. «Io credo che alla fine anche la sinistra farà la riforma con noi perché non si tratta di abolire l'ordinamento giudiziario, piuttosto di rivederlo. Non ci sono i buoni da una parte e i cattivi da un'altra, nessuno ce l'ha con i giudici, nessuno vuole demonizzarli, ma la revisione di questo tipo di giustizia è un problema che riguarda tutta la società, non solo Forza Italia o Berlusconi».

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