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E D'Alema ritrova il «compagno» Maroni

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Tanto più che, dopo che il ministro dell'Interno si dice certo che i democratici collaboreranno alla riforma federalista, l'ex vicepremier apre: se ne può parlare, anche se con alcune condizioni. Tra i due parlamentari scattano subito grandi sorrisi, ma con «velenose» punzecchiature. È D'Alema a dare il via alle danze: «In termini velistici - sorride - si direbbe che il Pd deve risalire il vento». E la ricetta, secondo lui, è innanzitutto «vincere la tentazione di arroccarsi in una condizione minoritaria raccontandosi la favola auto-consolatoria, per cui siamo strutturalmente minoritari, ma rappresentiamo la parte migliore del Paese». E serve un confronto con il governo. Di qui l'invito al premier a mettere da parte la «sbornia» elettorale e il «delirio di onnipotenza» e a non inerpicarsi «per le strade tortuose del conflitto con la giustizia». La replica di Maroni è secca e senza mezzi termini: nessun delirio di onnipotenza, solo un «sano pragmatismo» che ha portato alla risoluzione dell'emergenza di Napoli, o a nuove norme sulla sicurezza, tema sul quale «dopo l'omicidio della signora Reggiani il governo Prodi ha presentato due provvedimenti salvo poi ritirarli mestamente per divisioni interne».

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