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E nel Pd di Veltroni torna l'incubo «questione morale»

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Un «lavoraccio» per usare le parole del vicesegretario Dario Franceschini. Anche perché, continua il Franceschini-pensiero, si somma al compito ingrato di fare opposizione in Parlamento: «Che non è facile visto che la maggioranza calpesta le regole e invece di occuparsi del Paese, si occupa degli affari aziendali e personali del premier». Insomma per qualche ora la Direzione è stata un porto franco, una zona impermeabile a ciò che sta accadendo all'esterno. A cominciare dalla vicenda giudiziaria che ha colpito Ottaviano Del Turco e buona parte della giunta della Regione Abruzzo. Giunta di centrosinistra, guidata da un esponente del Pd. Ma ad un certo punto Marina Sereni, vicecapogruppo del partito alla Camera, forse risvegliandosi dal torpore generale, ha alzato la mano e ha preso la parola. «Diverse amministrazioni del centrosinistra - ha ricordato - sono state toccate da vicende giudiziarie. Rispettiamo la magistratura, ma serve una riflessione interna per mettere a tema se c'è una nuova Tangentopoli, se non è mai finita, e se basta per il Pd il codice etico o ci vuole qualcos'altro». Nella sala all'ultimo piano di via del Nazareno è sceso un silenzio irreale, a testimonianza che la vicenda Del Turco ha creato più di un imbarazzo all'interno del partito. Ma il tabù è infranto così, dopo Sereni, anche Rosy Bindi e Barbara Pollastrini affrontano il tema giustizia. E nei corridoi della ex sede della Margherita è risuonata una parola che sembrava dimenticata, una parola più familiare al Botteghino che agli eredi della Dc: questione morale. Anche se, a onor del vero, gli ultimi a pronunciarla con una certa enfasi erano stati proprio Arturo Parisi e Francesco Rutelli (assieme al Correntone Ds) ai tempi della scalata Unipol-Bnl e delle telefonate tra Massimo D'Alema, Piero Fassino e Giovanni Consorte. Oggi come allora il Pd torna ad interrogarsi sulla commistione tra affari e politica. E non è una cosa indolore. Bindi chiede addirittura di dedicare, a breve, una Direzione ai rapporti tra politica e amministrazione, economia e giustizia. Ma il nodo è soprattutto politico. Il Pd non potrà rimanere a lungo sotto il fuoco incrociato del Pdl e del furore giustizialista di Antonio Di Pietro. Anche per questo, nella sua conclusione, Walter Veltroni ha provato a dettare una linea. «La questione morale - ha ricordato - per noi è un elemento caratterizzante, fondativo del partito. Preferisco avere meno voti che voti corrotti». Attenti, però, ad affrontare la questione giustizia. «Serve una riforma - ammette Veltroni - ma non contro i giudici come vuole Berlusconi, bensì con i giudici». Quindi una replica a Di Pietro che in mattina aveva accusato Pd e Pdl di essere «pappa e ciccia»: «Se la pensa così perché si è alleato con noi alle elezioni?» Per il resto il Pd deve smetterla di discutere al proprio interno dando sempre l'immagine dei «fratelli coltelli». «Noi siamo gli unici che stanno sempre in mezzo al mare - insiste - e invece, ogni tanto, dovremo pure arrivare da qualche parte». E qualcuno, sommessamente, commenta: «Walter, attento a non affogare prima».

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