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Patrizia Pennella L'AQUILA Una pellicola che si riavvolge, ...

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Altra storia, altro clima, quelli del 1992: in piena Tangentopoli a finire in carcere fu l'intera Giunta regionale abruzzese. Nove esponenti della coalizione Dc-Psi-Pli finirono dietro le sbarre con le accuse di falso e abuso d'ufficio in relazione alla formazione delle graduatorie per i fondi Pop. L'inchiesta, condotta dal sostituto procuratore Fabrizio Tragnone, portò all'emissione di nove ordinanze di custodia cautelare nei confronti del presidente Rocco Salini, democristiano, del suo vice, Ugo Giannunzio, socialista, e degli assessori Giuseppe Lettere, Aldo Canosa, Filippo Pollice, Domenico Tenaglia (tutti Dc), Romano Liberati, Paolo Pizzola (Psi) e Giuseppe Benedetto (Pli), che avevano tutti votato la delibera. Successivamente furono arrestati anche i due componenti del governo regionale assenti al momento della decisione Franco La Civita e Giuseppe Molino, anche loro Dc. Anche allora a mettere in moto l'inchiesta fu la denuncia di un imprenditore, un albergatore, per l'esattezza, che si ritenne danneggiato dalla ripartizione dei fondi. In primo e secondo grado l'ex presidente Salini fu condannato a tre anni di reclusione per abuso d'ufficio e falso, pena ridotta a due anni in appello, poi annullata dalla Cassazione; gli ex assessori Canosa, Lettere, Pollice, Tenaglia, La Civita, Molino, Giannunzio, Liberati, Pizzola, Benedetto furono condannati a due anni e sei mesi di reclusione, ridotti a un anno e dieci mesi). Stessa pena (dopo l'assoluzione in Tribunale) per i consiglieri Dc, solo indagati, Mario Pennetta (all'epoca presidente del Consiglio regionale), Gennaro Valeri e Paolo Ciammaichella. Nel 1998 gli ex componenti della Giunta Salini furono assolti dalla Corte d'Appello di Roma.

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