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D'Alema apre: «Torniamo al dialogo»

D'Alema e Veltroni

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Dunque, il presidente dela fondazione Italianieuropei interviene in aula a Montecitorio sul lodo Alfano. E detta la linea il cui punto centrale è un'apertura un po' inaspettata (dal Pdl) e un po' soffocata dai toni accesi. L'invito è chiaro: torniamo a parlare. A parlare del rapporto tra politica e giustizia. Lo fa D'Alema, però, dopo una premessa che non ha dubbi: «Non so se sia conveniente per Berlusconi e mi sentirei di dare un consiglio, che almeno nelle intenzioni è certamente amichevole: rinunciare (al lodo Alfano, ndr), affrontare il giudizio per accuse che egli ha sempre respinto, a testa alta». Insomma, si faccia processare. Ma l'invito si compone di una seconda parte, ed è la riapertura al dialogo. Berlusconi deve anche «lasciare che il Parlamento affronti con equilibrio e con strumenti idonei le questioni di fondo a cui si allude, in quel clima di confronto sulle riforme, che era stato auspicato anche da noi e che subito è stato compromesso da scelte frettolose e arbitrarie, che hanno creato - e lo si vede, cari colleghi - anche imbarazzo in quella parte della maggioranza che ha guardato a questa legislatura come ad un'occasione nuova, come al momento in cui, finalmente, si sarebbe messo mano a riforme, a riforme condivise, a quei cambiamenti e a quell'aria nuova nella politica italiana che il Paese chiede e tanta parte del Paese ha chiesto a voi». D'Alema, anche se non esplicitamente, riconosce l'inquinamento politica-giustizia. E chiede di affrontarlo, di sciogliere il nodo perché «oggi si vive invece quel senso doloroso del ritorno alla palude, del ritorno al passato, del ritorno del sempre uguale, che è vissuto anche da voi - e lo si vede - con un senso di umiliazione e di preoccupazione». Una linea che certamente non dispiace al Quirinale. A giudizio dell'ex presidente della commissione Bicamerale per le riforme «la sovrapposizione tra gli interessi personali dell'onorevole Berlusconi e i reali problemi della giustizia ha costituito, in questi anni, un impedimento ad affrontare quei problemi e, paradossalmente, una delle principali tutele per le posizioni più corporative all'interno della magistratura, perché ha tolto alla politica quella serenità nell'affrontare i grandi problemi del Paese». Infine, esprime preoccupazione per il messaggio partito dalla manifestazione di piazza Navona e più in generale per «la virulenza, la volgarità, la sensazione di uno scontro che non ha regole». Nel centrodestra le reazioni si diversificano. Cicchitto e La Russa respingono al mittente. Landolfi in aula apre: «È indubbio che ci troviamo di fronte ad uno snodo importante della legislatura: è qui, oggi, che connoteremo il prosieguo dell'attività della Camera; stabiliremo adesso, cioè, se sarà possibile intraprendere e percorrere in questa legislatura un cammino riformista o riformatore. Il campo - sostiene l'ex ministro - è pieno di macerie; lo è per responsabilità della politica e della magistratura. Ma oggi non dobbiamo chiederci a chi tocchi scagliare la prima pietra, piuttosto, a chi tocchi rimuoverla». Anche Gaetano Quaglieriello, vicecapogruppo Pdl al senato, apprezza: «Riteniamo opportuno valorizzare quei tratti di apertura e disponibilità che nelle parole di D'Alema, dietro una cortina fumogena propagandistica, si leggono chiaramente».

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