Lodo Alfano, adesso Veltroni se la prende anche con Fini
Complice forse la manifestazione dei girotondini e le bordate sparate da Di Pietro a inizio giornata, Veltroni si è cimentato in una inutile quanto rancorosa rincorsa a chi alzava di più il tiro. Così mentre Di Pietro lanciava l'ennesima accusa («il modo con cui si sta cercando di far passare la norma blocca-processi è simile allo stile mafioso»), ecco che Veltroni se la prendeva con il presidente della Camera. «Fini espropria il Parlamento delle sue funzioni giacchè non ritira l'emendamento blocca-processi». Al centro della polemica del leader del Pd i tempi per l'esame del lodo Alfano. «Fini ha imposto di far esaminare il lodo Alfano dal Parlamento in tempi assolutamente ristretti; è una cosa che non ha precedenti nella storia repubblicana». E giù una raffica di accuse: «Non si può in sole ventiquattr'ore presentare, discutere e approvare una normativa che incide su diversi principi costituzionali - incalza Veltroni - È inaccettabile e incomprensibile». Ma se Veltroni alza il tiro, il fronte del centrosinistra non lo segue compatto. Anzi ieri ha mostrato tutte le sue contraddizioni. Quando l'ufficio di presidenza dele commissioni Giustizia e Affari Costituzionali ha deciso di restringere i tempi del dibattito sul lodo Alfano, il Pd prima va su tutte le furie e parla di «emergenza democratica», poi decide di abbandonare la commissione per protesta e infine ci ripensa e resta a «presidiare» perchè, spiega Barbara Pollastrini, «quando si crea questo buio è bene che si resti a vigilare». Non solo. Mentre dentro al Pd c'è un tira e molla tra chi vorrebbe «presidiare» e chi invece è per lasciare, Di Pietro si smarca subito. «Quando c'è un'emergenza democratica non possiamo andare via». Immediata è arrivata la replica di Fini a Veltroni. «Con la modifica del calendario dell'Aula per anticipare l'esame del Lodo Alfano non vi è stata alcuna violazione del regolamento». Quindi il presidente della Camera ha elencato i precedenti in cui si è presentato un caso simile. Ma queste parole non hanno soddisfatto l'opposizione e il vicesegretario del Pd Dario Franceschini ha rincarato la dose. «Così non si offendono solo i diritti delle opposizioni, ma il parlamento e la camera e il ruolo che lei ricopre pro-tempore. Lei offende la presidenza della Camera». Risultato: le due commissioni tornano a riunirsi in serata animate da un progetto ambizioso: licenziare il testo al massimo entro questa mattina, per farlo arrivare in Aula nel pomeriggio e metterlo in votazione dalle 19 in poi. Ma gli emendamenti presentati sono 305, di cui 270 solo del Pd, e l'impresa non è semplice.