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Di scena la sinistra forcaiola e moralista

Di Pietro

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E con lui altri emiliani. «Tanto nella Palude ci resteremo». La piazza new girotondina, a metà strapaese e Rimini «on the beach», si accalca a fatica, accompagnata dalla musica di Zucchero. Oltre 200 bandiere di Di Pietro, appena una ventina della Sinistra democratica e una del Partito marxista-leninista che inneggia alla Resistenza. Verso il palco spunta un tricolore, mesto e solitario. Lo sventola un giovane. È Enrico di Genova. Si definisce un patriota della costituzione, «tradita dalla nuova dittatura». E ancora: pezzetti di carta ribattezzati «stralci di legalità», talismani anti-Caimano e un test attitudinale per magistrati (in polemica con Arcore): una foto segnaletica e tre domande: «Il personaggio ritratto nella foto (Berlusconi) è il presidente del consiglio (risposta sbagliata), un imputato (risposta giusta), o Dio (risposta giustissima)?». Un cartello iscrive nella Palude anche Bertolaso: «Via la monnezza dal governo» e per ribadire le capacità divinatorie del premier, uno striscione ricorda la questione lodo-Schifani e decreto ferma-processi: «Comunione libera per le quattro massime cariche dello Stato... divorziate». Ecco, questa è la nuova piazza girotondina, da Pancho Pardi a Pancho Pardi, senza Nanni Moretti, ma con Flores d'Arcais, in attesa di Tonino Di Pietro, il suo Masaniello-Robespierre e in attesa del leader virtuale (discorso in video) Grillo. È il solito mix di moralismo reazionario (al governo tutti corrotti), populismo giustizialista (nostalgico di Tangentopoli), sinistra assistenzialista e conservatrice (col culto del posto fisso e l'ossessione della flessibilità). In polemica de facto col morbido Veltroni. E «meno male che Silvio c'è», altrimenti avremmo dovuto parlare di piazza anti-veltroniana. Prova ne sono due timide bandiere del Pd e un consigliere provinciale di Bologna, Andrea De Pasquale, che ammette senza mezzi termini: «Abbiamo sbagliato a non essere qui».

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