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Ora l'Idv passa alle insinuazioni

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Che per ora hanno crato solo gossip, voci di corridoio senza reali riscontri. Ci pensa il capogruppo dei dipietristi alla Camera, Massimo Donadi, a scagliare addosso al presidente del Consiglio la freccia più avvelenata della giornata. «E se Bill Clinton avesse fatto Monica Lewinsky ministro del suo governo? Il dirimente tra pubblico e privato nella politica, nel caso di un capo di governo, è molto labile. Credo che l'informazione debba prevalere». Donadi in giornata affila le sue armi. Non ci sono solo le allusioni alle amanti di Clinton, ma anche la promessa che l'8 luglio (giorno in cui l'Idv scenderà in piazza) non si faranno sconti al governo. Saremo lì, dice Donadi, «per protestare contro le leggi incivili fatte ad uso e consumo del presidente del Consiglio. Noi ci mettiamo la faccia ma rispettiamo chi, come Pd e Udc, vuole tenere toni più bassi». Insomma, mentre Veltroni e Casini decidono di tornare a fare un'opposizione moderata e intuiscono la volontà di Palazzo Chigi di non portare in un decreto la norma sulle intercettazioni, Di Pietro tira dritto. Tanto da continuare a indicare ai suoi, sul blog e su un palco a Fregene, come attaccare il premier. L'ex magistrato non si risparmia anche in Aula, a Montecitorio. La sua nuova moda, ogni volta che si rivolge verso banchi del governo, è iniziare i suoi discorsi dicendo: «Signor presidente del Consiglio che non c'è». Ma a seguirlo, nell'antiberlusconismo, ormai sono rimasti solo i suoi parlamentari. Fuori dalle rappresentanze ufficiali, invece, l'8 luglio a manifestare ci saranno i girotondini e quasi tutta la sinistra radicale: da Rifondazione comunista ai Verdi, dai Comunisti italiani alla sinistra democratica fino ai «seguaci» di Beppe Grillo. Tutti insieme contro «il ritorno del Caimano». Veltroni non ci sarà. Non parteciperà a una piazza dove non si conosce bene la piattaforma. Preferisce capire come portare avanti un'intesa con l'Udc di Pier Ferdinando Casini. Intesa che naturalmente preoccupa lo stesso Di Pietro che precisa come la manifestazione di martedì prossimo non sarà «per spaccare nulla». L'ex pm critica infine anche la decisione del governo di non inserire il testo sulle intercettazioni nel decreto legge: «Almeno le cose adesso sono chiare: loro facevano il decreto per impedire che venissero pubblicate queste intercettazioni. Hanno capito che non le pubblicheranno più e quindi non si fa più il decreto... Questo la dice lunga sul modo di agire dell'attuale governo». Di Pietro vuole le intercettazioni pubblicate. Donadi sogna un finale «clintoniano». È un crescendo rossiniano. Domenica era stata la giornata degli insulti (con il premier che veniva definito un «magnaccia»). Finite le parolecce si procede con le insinuazioni.

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