Alessandro Usai [email protected] Un lavoro denso di cifre, ...
Il presidente della Commissione, Cesare Cursi, prova a fare una sintesi sulla manovra di Finanza pubblica per gli anni 2009-2013. Quale la filosofia e gli obiettivi del Documento programmatico? «Riduzione del costo complessivo dello Stato e rendere più efficace l'azione della pubblica amministrazione. La filosofia è meno costi, più libertà, più sviluppo». Ma come tradurre queste intenzioni in fatti concreti? «Per la prima volta, e va ad esclusivo merito del presidente Berlusconi e del ministro Tremonti, al DPEF si affianca prima dell'estate un provvedimento legislativo che ne prevede l'immediata attuazione. Si pone fine alla suddivisione tra parte programmatica con proiezione pluriennale e parte attuativa. Eviteremo di assistere al flagello legato agli umori della "Finanziaria", dove come noto, ogni anno, in autunno vacilla la vita di ogni esecutivo. Mettiamo la parola fine alla percezione che lo Stato, così come organizzato, è forma di inefficienza e sperpero del denaro pubblico». Non crede che immaginare l'apparato pubblico come un insieme di "fannulloni" possa danneggiare il consenso elettorale dell'attuale esecutivo? «La percezione è esattamente opposta. L'impostazione del ministro Brunetta, che da ottimo tecnico a volte dimentica le regole della diplomazia, è quella più corretta. I dipendenti della pubblica amministrazione sono vittime e non complici dei fannulloni». Come privilegiare la meritocrazia? «È la vera sfida del governo. I dipendenti pubblici sono i primi a lamentare il fatto che, a causa dei scarsi controlli sulla produttività da parte dei dirigenti responsabili, si trovano ad essere mortificati nello stipendio esattamente uguale a quello di quel collega che magari, da anni, non fa niente. E da qui, giustamente, la critica al ruolo di un certo sindacato». Senza sviluppo economico, però, il Paese non ha futuro. E in questo momento la crescita è prossima allo zero. Qual è la ricetta individuata? «Innanzitutto via libera alla produzione di energia nucleare. Poi la liberalizzazione dei servizi pubblici locali al fine di favorire la concorrenza. E incentivi alla diffusione dei Distretti industriali, che rappresentano uno strumento fondamentale per lo sviluppo delle piccole e medie imprese con vantaggi di carattere fiscale». In questa senso va letto l'incremento dei fondi a sostegno delle imprese e un nuovo Piano Casa? «Esatto. Occorre valorizzare il patrimonio immobiliare ad uso abitativo, con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati». Al DPEF è stato allegato anche un Documento di Programma legato alle Infrastrutture necessarie nei prossimi 5-7 anni. «È un tema piuttosto complesso. Vorrei ricordare che le accise sui carburanti rappresentano oggi il 70/75% del prezzo al consumo. Mantenere tale situazione significa far sì che ogni aumento del prezzo del petrolio si traduca in un aumento dell'inflazione. Servono scelte strutturali e non di natura occasionale. La liberalizzazione della rete di vendita di carburante al dettaglio, voluta a ragione dal ministro Scajola, è un primo passo in tal senso». Ma il capitolo infrastrutture è ricco di insidie. «Il sistema industriale italiano risente di una situazione di svantaggio competitivo. La politica del trasporto delle merci su gomma, che oggi rappresenta l'80% del volume dei trasporti totali, dovrà essere sostenuta da un riammordernamento della rete viaria nazionale. Di qui la ripresa delle opere previste nella Legge Obiettivo».