Veltroni insegue Di Pietro «Il dialogo è finito»
E poco importa che, dal Quirinale, il Capo dello Stato Giorgio Napolitano continui a chiedere un clima politico più sereno. La sua voce rimarrà ascoltata, almeno per ora. Il segretario del Pd ha deciso di rompere gli indugi e di seguire Antonio Di Pietro sulla via dell'opposizione intransigente. Tanto che, ospite di Lucia Annunziata a In mezz'ora, l'ex pm gongola: «Dal primo giorno abbiamo avvisato il Pd, che sbagliava a fidarsi di Berlusconi. Ora lo dice anche Veltroni, noi abbiamo il merito di averlo capito e detto prima di lui e ci meritiamo un "bravo"...». Certo, Veltroni non ha ancora detto che Berlusconi è «un magnaccia» (anche perché, sottolinea, «non ho mai dato giudizi personali e continuo a non darli»), ma il «dado è tratto». La nuova stagione dell'opposizione veltroniana si apre con una lunga intervista a Repubblica. Il segretario mette subito le cose in chiaro: «L'Italia vive la crisi più drammatica dal dopoguerra in poi. Berlusconi prende in giro i cittadini e si occupa solo dei suoi affari personali. Ora basta, il dialogo è finito». Quindi traccia la strategia dei prossimi mesi. Anzitutto una chiusura netta nei confronti della norma blocca-processi contenuta nel decreto sicurezza. «Se non si stralcia - avverte - non discutiamo del resto». E il resto è il lodo-Schifani su cui Veltroni mantiene un atteggiamento titubante: «Se c'è un'esigenza di garanzia generale, allora studiamo pure una norma. Ma intanto come disegno di legge costituzionale, e poi la facciamo scattare dalla prossima legislatura». In ogni caso, per il segretario del Pd, ora l'Italia ha bisogno di altro. Proprio per questo rilancia la «grande manifestazione d'autunno» fondamentale per «ristabilire una gerarchia delle priorità». A partire da quelle «questioni sociali» che «Di Pietro non sa neanche dove stiano di casa» (ed è questa l'unica frecciatina che il segretario riserva all'alleato). Ma le parole di Veltroni, che scatenano le critiche della maggioranza, non scaldano il Pd. Antonello Soro e Beppe Fioroni sposano la linea del segretario ma invitano a non seguire la strada del giustizialismo e degli insulti. Mentre il prodiano Franco Monaco chiede un chiarimento. «Non si può d'improvviso passare da un eccesso all'altro - avverte -: dal dialogo privilegiato alle grida di guerra». Resta in silenzione, invece, la gran parte del partito Insomma, anche quando attacca Berlusconi, il segretario del Pd non riesce a convincere fino in fondo i suoi. E forse è proprio questo il problema.