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La necessità di coinvolgere tutta la politica

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Il 1993, quando il Parlamento, in ampia parte delegittimato da "mani pulite" e sotto la spinta popolare, tagliò l'immunità parlamentare. La Carta del 1947 aveva reso indipendente il potere giudiziario garantendone anche l'autonomia organizzativa attraverso il CSM, composto in maggioranza da magistrati. Per evitare un totale distacco della magistratura dal sistema democratico rappresentativo, essa previde due garanzie. Il CSM sarebbe stato composto da una minoranza di membri scelti dal Parlamento (comunque sufficiente, data la supposta apoliticità dei magistrati) e presieduto dal Capo dello Stato. Quest'ultimo, determinando l'ordine del giorno, poteva garantire che la magistratura non si ergesse a corpo separato dalle istituzioni elettive. Inoltre, la Carta aveva previsto l'immunità parlamentare nei confronti dei giudici, chiudendo così il cerchio dell'indipendenza dei giudici e della dipendenza della politica solo dal popolo. Come si vede questi due capisaldi sono caduti e occorre tornare all'ordine costituzionale. Basti pensare come in questi giorni una Commissione del CSM abbia dichiarato l'incostituzionalità di un DdL governativo. Non solo ha violato le competenze degli organi preposti al controllo di costituzionalità delle leggi prima e dopo della loro entrata in vigore. E' pure violato il potere del Capo dello Stato sull'ordine del giorno, visto che la deliberazione della Commissione verrà automaticamente portata nel plenum del CSM per la sua approvazione. Eppure si tratta di una delibera su di un tema che il Presidente aveva rilevato come inammissibile. I destinatari della moral suasion sono quindi evidenti: il CSM e la politica da ricondurre a quel clima collaborativo senza il quale non si può uscire dalla crisi. Direi per esempio a Veltroni che è inutile sottilizzare sulle forme e sul modo "fuori dalle righe" tipico di Berlusconi ma badare alla sostanza e ricordare che sanare il rapporti tra politica e giustizia interessa tutti, maggioranza e opposizione. Perché egli non ha aggredito il DdL governativo sul lodo Schifani, emendandolo al fine di allargare a tutta la politica la tutela contro le ingerenze esterne? Inviterei Berlusconi, non tanto a moderare i toni, perchè a quel fine basterebbe fargli capire che il Colle lo segue con attenzione, ma a tenere presente che egli interviene su di un assetto di potere consolidato di cui egli è solo la principale vittima. Il Governo deve farsi carico della complessità e rilevanza del nodo da risolvere a fronte del quale il correttivo del lodo Schifani appare semplicistico. La via da percorrere passa necessariamente attraverso il recupero dell'immunità temporanea di tutta la politica. E tutta la politica deve essere coinvolta, salvo i masanielli alla Di Pietro. Né la via migliore è quella di incidere sull'attività processuale vera e propria che presuppone interventi ancora più accurati e prudenti e una cultura democratica ancora ignota al nostro Paese. Achille Chiappetti [email protected]

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