Il Cav tira dritto: «Stavolta andremo fino in fondo»
La bufera scatenata dalla diffusione di nuove intercettazioni telefoniche che lo riguardano, in un certo senso, non sorprende il presidente del Consiglio: un'operazione ad hoc contro di lui effettuata seguendo una precisa tabella di marcia e con un timing perfetto. E che di certo non finisce qui. Il premier comincia la riunione dei ministri sottolineando la necessità del lodo Schifani bis, il provvedimento approvato ieri mattina che prevede la sospensione provvisoria dei processi per le quattro alte cariche dello Stato. «Non si può pensare - avrebbe detto Berlusconi - che il presidente del Consiglio passi più tempo ad occuparsi dei suoi processi che dei problemi del Paese. O governo o penso a difendermi per ribadire la mia innocenza. Non posso certo fare entrambe le cose». Il premier ha citato cifre e numeri rifacendosi ai tanti procedimenti in corso contro la sua persona. «E sono risultato sempre innocente», ha detto ai responsabili dell'esecutivo. «Vedete voi se si tratta di una cosa giusta. Così invece torneremo ad essere un paese normale». Un concetto ribadito, non a caso, anche dal Guardasigilli, Angelino Alfano, durante la conferenza stampa di palazzo Chigi: «Se il premier dovesse occuparsi di tutte le udienze in cui è coinvolto, farebbe un buon servizio a se stesso, ma un cattivo servizio al Paese». Il fatto che l'ultima lenzuolata di intercettazioni telefoniche riguardanti il capo del Governo sia stata diffusa in questo momento per molti non è un caso, soprattutto considerando le ormai imminenti udienze del processo Mills. Di questo è convinto in primis proprio Berlusconi che definisce le ultime fughe di notizie una «vergogna», ma ribadisce, a scanso di equivoci da parte di qualcuno, la determinazione ad andare avanti: «La gente è con il governo, come dimostrano non solo i sondaggi ma anche l'entusiasmo che si sente per strada». Un sostegno, è il ragionamento del Cavaliere, che dimostra come la direzione imboccata dal governo per riformare la giustizia sia quella giusta. «Se pensano di fermarmi con questi mezzi si sbagliano perché io vado avanti con ancora più forza». In sostanza, in caso di condanna per l'affare Mills, da parte del premier nessuna ipotesi dimissioni, come invece qualcuno dentro il Palazzo continua a propagandare. E di certo, come sottolinea il ministro della Giustizia Alfano, il presidente del Consiglio «non ha l'obbligo di dimettersi», ricordando anche che il capo dell'esecutivo «ha più volte ribadito la sua innocenza».